8 e 27 marzo, festa della donna e del teatro

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fonte RaiPlay Divina Commedia Criminale

Otto marzo, Festa della Donna, ventisette marzo, Giornata mondiale del teatro: due date in cui vengono affrontate tematiche solo apparentemente distanti, come è stato dimostrato nella Divina Commedia Criminale, il documentario teatrale realizzato nel 2023 in occasione del 700º anniversario della morte del sommo poeta.

Un lavoro dove Pino Rinaldi, noto giornalista di cronaca nera, descrive Dante come un detective che “con il piglio dell’investigatore di razza e la penna del grande scrittore noir, ci racconta i fattacci dell’epoca. Fatti di cronaca nera realmente accaduti, da Firenze a Pisa, da Pistoia a Rimini, passando per la Maremma Toscana”.

“Fattacci” raccontati tra versi recitati e interventi di vari professionisti come il filologo dantesco Roberto Rea, la storica medievalista Eleonora Plebani, il vicecapo della Polizia di Stato Vittorio Rizzi, il teologo Luigi Forti, l’archivista Paola Benigni e il paleoantropologo Francesco Mallegni.

Una conduzione in cui il suo ideatore ha cercato di dimostrare come la Divina Commedia sia “un’opera complessa che racconta l’animo umano e le sue profondità, i suoi abissi in uno scenario apocalittico che è stato in grado per secoli di condizionare l’immaginario collettivo di intere generazioni”.

Un animo umano che è stato analizzato affrontando il V canto dell’Inferno, dove sono punite le anime dei lussuriosi. Ed è qui che Dante incontrerà “i due eterni amanti” Paolo e Francesca, uccisi da chi era fratello del primo e marito di quest’ultima: Gianciotto Malatesta.

Quello di Francesca, però, non è il solo femminicidio trattato nel capolavoro dantesco e ripreso nel documentario teatrale. Infatti, nel V canto del Purgatorio, tra le anime di coloro che furono uccisi – ma che fecero in tempo a pentirsi dei loro peccati, e per questo relegati nell’Antipurgatorio – c’è lei: Pia dei Tolomei. La sua uccisione, per mano o ordine del marito, rappresenta, infatti, il primo caso di femminicidio.

Casi che confermano quanto sostenuto dallo stesso Rinaldi: “dopo sette secoli, la Divina Commedia è un’opera finita che, però, dimostra ancora una volta di essere infinita”.

Un documentario che, al fine di analizzare “le profondità e gli abissi della natura umana”, affronta i personaggi che, per la crudeltà con cui furono trattati o di cui furono artefici, hanno lasciato il segno nell’opera dantesca.

Si sta parlando di Pier delle Vigne e di Vanni Fucci (detto Bestia), rispettivamente nella selva dei suicidi e nella bolgia dei ladri.

Tra i personaggi ripresi dalla Divina Commedia Criminale c’è anche il conte Ugolino, condannato a una morte atroce, una volta rinchiuso insieme a figli e nipoti nella Torre della Muda.

Anime dannate raccontate nell’eclettico capolavoro dantesco che, infatti, oltre a essere un’opera storica, politica, una summa teologica, un poema filosofico, è anche un romanzo criminale. Caratteristica, quest’ultima, emersa con la Divina Commedia Criminale. Una creatura noir, oggi visibile su RaiPlay, che il suo autore spera di “poter mandare avanti, proprio per la vastità e la complessità delle tematiche affrontate nel capolavoro dantesco”.

“Complessità e vastità”, due parole chiave che racchiudono l’obiettivo del giornalista: “stimolare e far riflettere la società”.

Uno scopo che, ironia della sorte, richiama una delle frasi più celebri del capolavoro dantesco: “fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza.”