Al Manzoni di Milano un Marinetti pop senza freni

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Foto di Pino Le Pera - cortesia Teatro Manzoni di Milano

Al Teatro Manzoni di Milano ieri sera Edoardo Sylos Labini ci ha catapultati in un viaggio teatrale unico con Inimitabili, una trilogia che esplora le vite straordinarie di Gabriele d’Annunzio, Filippo Tommaso Marinetti e Giuseppe Mazzini. Tre capitoli distinti, ma legati da un filo comune: il coraggio di rompere le convenzioni e di immaginare un’Italia diversa, moderna e audace.

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Nel segmento dedicato a Filippo Tommaso Marinetti, la scena si accende di energia. Con lo stesso spirito dirompente che animava il Futurismo, Sylos Labini restituisce al pubblico il ritratto di un uomo che ha vissuto al ritmo vertiginoso delle sue idee. Marinetti non si accontentava di scrivere manifesti o poesie: voleva scuotere il mondo, distruggere la tradizione e abbracciare la modernità con tutta la forza di un motore a scoppio.

Sostenuto dalle musiche originali di Sergio Colicchio, il monologo non si limita a raccontare la biografia del padre del Futurismo. I suoni, le immagini di repertorio e le luci vibranti (create appositamente da Marco Lodola) creano un’atmosfera che sembra riprodurre la stessa frenesia urbana celebrata dal movimento futurista. Non ci sono pause: ogni parola, ogni nota sembra inseguire quella successiva, creando un ritmo incalzante, proprio come le celebri parole in libertà di Marinetti.

Il Futurismo, nato dal celebre Manifesto del Futurismo pubblicato nel 1909, fu la prima avanguardia a spazzare via i canoni ottocenteschi in favore di una celebrazione della modernità, della velocità e della macchina. Nel racconto, emerge il genio poliedrico di Marinetti, capace non solo di rivoluzionare l’arte e la letteratura, ma anche di orchestrare la sinergia tra diverse discipline come la pittura, la musica e la politica.

Marinetti è presentato come un artista a tutto tondo, ma anche come un instancabile promotore di idee, capace di attrarre intellettuali, musicisti e pittori in un grande progetto collettivo. Sylos Labini ci porta dietro le quinte della sua vita, dalle radici cosmopolite in Egitto e a Parigi, fino all’esplosione del Futurismo. Non mancano aneddoti sul suo fervore creativo e sulle provocazioni che lo resero un personaggio tanto amato quanto controverso.

Questa parte dello spettacolo non è solo un tributo a un genio del Novecento, ma una riflessione sull’importanza di osare. Marinetti, con il suo desiderio di infrangere ogni regola, ci ricorda che la creatività non deve avere limiti, e che il progresso passa inevitabilmente attraverso il coraggio di immaginare qualcosa di completamente nuovo.

L’approccio di Sylos Labini non si limita, quindi, a raccontare i fatti biografici, ma li intreccia con una riflessione sul coraggio di sfidare le convenzioni. Marinetti, come d’Annunzio e Mazzini, rappresenta un simbolo di ribellione creativa, un esempio di come la cultura possa fungere da motore per il cambiamento sociale.

Lo spettacolo, sviluppato con la drammaturgia di Angelo Crespi, grazie alla sua struttura a capitoli autonomi, offre un approfondimento su ciascuna figura, ma il messaggio di fondo è unico: ricordare e celebrare il valore delle idee in grado di trasformare il mondo. Il prossimo capitolo, sempre al Teatro Manzoni di Milano, andrà in scena il 7 gennaio prossimo.