Più di 600 artisti alla kermesse organizzata dalla Fondazione Effetto Arte e grandi nomi della cultura e dello spettacolo, da Myrta Merlino a Marco Tardelli, dal patron della Fondazione Effetto Arte Sandro Serradifalco al direttore di CulturaIdentità Edoardo Sylos Labini, fino a Edoardo Bennato.
E’ la comunità, meglio ancora la piccola comunità, il leitmotiv degli incontri di ieri alla Biennale della Creatività di Ferrara. La grande kermesse di arte contemporanea che quest’anno ha riunito più di seicento artisti e creativi.
Alla kermesse hanno partecipato grandi nomi della cultura e dello spettacolo italiani, per discutere di arte: dalla giornalista Myrta Merlino al campione del mondo Marco Tardelli, dal patron della Fondazione Effetto Arte Sandro Serradifalco al direttore di CulturaIdentità Edoardo Sylos Labini, fino a Edoardo Bennato, in veste di pittore e non di cantautore, in un dibattito moderato dal critico Fabio Canessa e alla presenza del vicesindaco di Ferrara Alessandro Balboni.
Sandro Serradifalco, padrone di casa e ideatore della Fondazione Effetto Arte, si è mostrato visibilmente emozionato di fronte agli oltre 600 artisti italiani e internazionali che la sua organizzazione ha riunito, e ha ringraziato tutto il suo staff e i presenti, raccontando la passione con la quale aggrega da più di venti anni artisti italiani e internazionali con le sue Biennali e con l’Annuario Artisti. Un lavoro che assomiglia – ha sottolineato Sylos Labini – a quello che fece Marinetti più di 100 anni fa, mettendo insieme i geni di Boccioni, Balla, Severini, Carrà e tanti altri in quella che fu la più elettrizzante avanguardia del XX secolo.
Ma – dicevamo – è la comunità il filo conduttore degli appassionati interventi della serata: Myrta Merlino nel sottolineare l’importanza della creatività come valore sociale quasi pedagogico, ha fatto notare come essa, attraverso manifestazioni come la Biennale organizzata dalla Fondazione Effetto Arte, aggreghi attraverso l’arte una comunità dal basso, lontano da qualunque logica di mercato.
Il mercato, dunque, come anti-comunità e anti-creatività? Pare di sì, e infatti le fa eco Marco Tardelli, raccontando della grande Nazionale che nel 1982 alzò la coppa del mondo durante il campionato in Spagna. Alla domanda di Canessa su cosa sia “la creatività nel calcio”, Tardelli ha risposto in modo sintetico e futurista: “Diego Armando Maradona”. Ricordando immediatamente poi come la Nazionale dell’82 sia stata “ed ancora è “una piccola comunità di amici di uomini che si aiutarono a vicenda in un momento di difficoltà e di attacco della stampa”. Grazie a quel legame “divennero campioni de mondo, cosa che il calcio globalizzato di oggi non permetterebbe“, conclude l’ex azzurro.
Cos’è dunque che crea comunità? Se Tardelli ha parlato della solidarietà umana davanti alle difficoltà, Edoardo Sylos Labini riporta al centro il tema della kermesse: l’arte e la bellezza. “La bellezza dei nostri grandi artisti spesso viene dai piccoli centri di provincia. Ferrara, città identitaria, ne è l’esempio“. Gli artisti, con le loro botteghe, i laboratori, i loft, sono “la vita che pulsa nel nostro Stivale” e noi italiani dobbiamo essere fieri di essere un popolo d’artisti: “L’arte deve tornare a essere il brand dell’Italia” afferma Sylos Labini. L’ottantesimo dalla morte di FT Marinetti è poi l’occasione per parlare dello spettacolo “Inimitabili” ma anche del Futurismo.
Così come “futurista” è stato l’intervento di Edoardo Bennato. Passando in platea e chiedendo ai presenti di spegnere i cellulari, Bennato si lancia in una vera e propria lezione sulla sua professione di pittore. Al pubblico, sorpreso da questa performance, Bennato spiega che inizia i suoi concerti con il brano “Abbi dubbi”, e sui dubbi interroga anche i presenti in platea. Spazia dalla rivoluzione della Terra attorno al Sole alla guerra, dalle sperequazioni fra nord e sud del mondo ai problemi del pianeta. Per tutta la sua “ora di lezione” Bennato mostra una sola delle sue opere, la copertina di un suo album che raffigura la Torre di Babele. E il cerchio si chiude: non è forse con la Torre di Babele che l’umanità viene divisa in tante, piccole comunità?