Kaspar Capparoni in scena con il capolavoro di Patroni Griffi “Metti una sera a cena”

0

Una vita dedita alla recitazione ma Kaspar Capparoni è anche un grande performer, ha vinto un’edizione di Ballando con le Stelle. Un grande sportivo, uno sciatore competitivo, ed ora è tornato al palcoscenico in veste di regista di un capolavoro della drammaturgia italiana: Metti Una Sera A Cena, film del 1969 trasformato successivamente in commedia teatrale dal grande Giuseppe Patroni Griffi, ideatore dell’opera ed autore insieme a Dario Argento della sceneggiatura cinematografica.

Come mai hai deciso di portare in scena, da regista oltre che da attore, l’opera di Patroni Griffi che ti ha visto già protagonista nel ruolo di  Max?

Non è stata una mia decisione quella di portare in scena l’opera bensì mi è stato proposto da Silvano Spada, patron dell’Off Off Theatre di Roma. Io non  ero  convinto di volermi cimentare in un progetto così complicato, tuttavia ho scelto di confrontarmi con altre persone, ho ripreso in mano il testo e ci ho lavorato molto cercando di togliere ciò che anche nell’ultima edizione del 2003 sentivo un po’ ostico sia per il pubblico che per noi attori. In realtà perfino Patroni Griffi avrebbe voluto realizzare dei cambiamenti ma Aldo Terlizzi, il suo scenografo, lo dissuase e tenemmo l’opera integrale. Io in questa sede sono riuscito a trarre un atto unico di un’ora e quarantacinque minuti rispetto alle due ore e mezza del testo originale pur mantenendo sempre le parole dell’autore. L’unica licenza che mi sono preso e il cambiamento che ho attuato è stato nel trasformare il termine pederasta nel più attuale LGBTQ+ per raccontare il mondo della diversità.

L’adattamento è rimasto lo stesso: gli ambienti  sono tutti in scena e i protagonisti pure. Dove sta la tua impronta in questa edizione?

L’adattamento in realtà non è lo stesso mentre per gli ambienti, così presentati e disegnati da Alessandro Chiti su mia indicazione,  si è praticamente costretti a mantenerli visto che il testo lo prevede senza dare spazio ad altre soluzioni. Io personalmente ho cambiato l’inizio dello spettacolo per poter meglio adeguare il nuovo adattamento al concetto originale: perciò il primo a parlare è Michele, lo scrittore, mentre di solito è sua moglie Nina insieme a Ric. Ho voluto così far entrare subito lo spettatore nel vivo della storia.

Il tema principale della trama è il clan. Pensi che questo concetto sia superato o credi che esistano ancora situazioni simili, amici  che si ritrovano con cadenza quasi quotidiana, nella società attuale?

Vorrei cogliere l’occasione di questa domanda per sfatare il mito del testo datato. Non esistono testi datati ad essere datate sono le messe in scena perché, se così non fosse, non si potrebbero più rappresentare neanche i grandi come Pirandello, Shakespeare, Ceckov e più in generale qualsiasi opera che dopo la prima rappresentazione, anche solo dopo un anno, rimanendo scritta  all’epoca in cui l’autore l’ha concepita, risulterebbe datata: la vita va avanti e cambia continuamente. In tanti anni di condivisione con Peppino Patroni Griffi egli stesso mi ha insegnato che un regista può e deve adattare l’opera nel mondo in cui sta vivendo ed è così che l’opera stessa diventa universale e sempre attuale. Il regista che si avvale del testo solo per rappresentarlo, senza darne la sua visione, secondo me non fa un buon lavoro da regista.

Per ciò che riguarda il tema dell’opera, io credo che certamente ci siano tante situazioni complesse, come quelle raccontate, oggi come sempre. Lo spunto è di un testo degli Anni Sessanta che resta attualissimo.

Si dice da tempo che tu sia stato il pupillo di Peppino Patroni Griffi. Sapresti dire il perché?

Bisognerebbe chiederlo prima di tutto a chi sostiene questa cosa. Dal mio canto posso dire che tra me e Peppino c’era una grande affinità elettiva e soprattutto lui mi considerava uno strumento nelle sue mani. È così che faceva con gli attori che amava perché secondo lui portavano in scena il suo stesso pensiero. Non ho mai pensato a me come ad un suo pupillo, so solo che Peppino mi ha insegnato tutto ciò che conosco di questo mestiere, i segreti per farlo al meglio e gli devo tanto in questo senso:  parlo di quarant’anni di attività condivisa. Anche adesso se ho preso il coraggio di buttarmi nella regia lo devo a Patroni Griffi, a lui devo la consapevolezza di ciò che è necessario per affrontare questo lavoro nel migliore dei modi.

Dopo tanta televisione, Il Commissario Rex, Capri e molte altre serie, questo è un ritorno a teatro in grande stile. Com’è stata la tua preparazione intesa come “memoria del testo” e rimettersi in gioco nelle vesti di regista?

Fare teatro è come andare in bicicletta. Una volta che hai imparato ti bastano un paio di pedalate e recuperi in fretta. In realtà non volevo più recitare nel ruolo di Max ma Silvano ha talmente insistito che ho condiviso la sua scelta di stare sul palco e dirigere allo stesso tempo, anche se questo su e giù mi è costato un po’ di fatica. Un ringraziamento particolare infatti va assolutamente ai miei colleghi che hanno accolto al volo le mie indicazioni rendendo meno gravoso il mio compito. Stando sempre tutti in scena per tutto il tempo capirai la difficoltà a sostenere due ruoli così diversi ma ugualmente importantissimi.

Sei soddisfatto del risultato considerato che avete registrato il tutto esaurito per tutte le repliche?

Sono molto soddisfatto del risultato perché diciamola tutta, mi stavano un po’ aspettando al varco come con chi è presuntuoso e di punto in bianco si mette a dirigere anziché farsi dirigere. Sono pensieri classici che io posso anche capire. Grazie a Dio avevo un’idea e di questa mi sono avvalso per affrontare lo spettacolo. Se non ci fosse stato Silvano Spada a propormi di fare questa cosa, anzi se non avesse insistito come poi ha fatto, probabilmente tutto questo non sarebbe mai esistito.

Porterete la pièce in tournée dopo Roma?

Si, stiamo proprio pensando alla tournée non solo perché il teatro ha registrato il tutto esaurito con i suoi avventori abituali ma anche perché sono arrivati molti frequentatori dall’esterno. In un momento dove il teatro a Roma non sta ottenendo grandi risultati, questo successo si è rivelato doppiamente inaspettato e sorprendente. Avendo già avuto richieste da teatri di tutta Italia, come per esempio il Duse di Bologna, stiamo formalizzando con un produttore un accordo per poter avere l’opportunità di andarcene in giro. Sicuramente inaugureremo la prossima stagione dell’OFF OFF THEATRE:  talmente è stata la richiesta che in cartellone abbiamo già messo dieci date.

Hai altri progetti oltre il teatro?

 Si, sto lavorando a ben  due progetti cinematografici da regista. Anche qui la produzione tende a volermi pure  in veste di attore ma io francamente vorrei dedicarmi bene solo alla regia.