Rai, un grande inizio di mandato verso il vero pluralismo

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Da maggio scorso Roberto Sergio e Giampaolo Rossi sono alla guida della Rai. All’orizzonte non poche macerie: un’azienda reduce da mesi di immobilismo, con ufficiali e soldati rimasti senza consegne, uno sciopero generale alle porte e i palinsesti in alto mare. Tre mesi sono stati però sufficienti a scongiurare la serrata, ristabilire ruoli e compiti, rendere efficienti le direzioni di genere, con uomini Rai come Marcello CiannameaAngelo Mellone e Paolo Corsini, profondi conoscitori della macchina, che hanno rimesso in moto e in pista.

Tutta la macrostruttura, dopo un voto unanime del Consiglio di amministrazione, ha avuto un nuovo riassetto in cui coloro che hanno subito uno spostamento di incarico sono stati ricollocati, nell’ambito di un virtuoso turnover, in passato poco spesso accaduto. Per quanto riguarda la parità di genere una vera e propria ondata rosa è arrivata negli organici di generi e testate e soprattutto nelle vicedirezioni.

Un grande inizio di mandato? A sentire la grancassa della sinistra e dei suoi house organ sembra di no. Dimenticando gli anni in cui erano autori, loro sì, di un’ occupazione manu militari di poltrone, strapuntini e financo corridoi, hanno subito gridato all’epurazione di artisti che nessuno aveva tolto dai palinsesti come Lucia Annunziata o come Fabio Fazio, passato alla concorrenza con enorme plusvalenza economica personale, senza nemmeno usare la cortesia di attendere una proposta dal nuovo Ad, Roberto Sergio, che ancora non si era insediato. Il martirologio è proseguito con Massimo Gramellini e Bianca Berlinguer, confermatissima in palinsesto ma attratta dalle sirene di Mediaset, già, proprio l’azienda fondata dall’(ex) arcinemico Silvio Berlusconi.

I palinsesti, presentati puntuali agli inserzionisti pubblicitari, hanno raccontato altro: una tv finalmente e realmente pluralista, capace di ampliare l’offerta e coniugare servizio pubblico, informazione, intrattenimento e cultura, senza storytelling confezionati da infilare forzatamente nelle case degli italiani.

Uniche “vittime” , in nome di in codice etico che dovrebbe essere condicio sine qua non per lavorare in una grande azienda come la Rai, sono state Filippo Facci, inciampato in un passaggio poco felice di un articolo sul caso del figlio di Ignazio La Russa e Roberto Saviano, al quale doveva essere consentito, secondo lui stesso e le sue vedove, di insultare sistematicamente i suoi avversari con termini quali “bastardo” (destinato al premier Giorgia Meloni in passato).

Tra le novità di cui si parla, molti attendono anche il gran ritorno in palinsesto di Miss Italia, vero e proprio pezzo della storia della tv e del paese che sembra non avere nostalgia di drag queen e narrazioni fluide.

Tanta carne al fuoco, messa, ribadiamo, in tre mesida Roberto Sergio e Giampaolo Rossi. Un’analisi onesta intellettualmente, non può che plaudire al loro lavoro, svolto con passione e padronanza, in un percorso irto di ostacoli, disseminati da chi onesto non è ma solamente nostalgico di una golden share che non possiede più ma che ha faticato a passare, (vedi Fuortes), rischiando di cagionare un danno all’azienda.