“L’uomo dal Fiore in Bocca”, il film di Gabriele Lavia a Montecitorio

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Questa sera, si svolgerà a Roma, presso l’Aula dei Gruppi parlamentari della Camera dei Deputati, la proiezione del film “L’uomo dal fiore in bocca”, diretto da Gabriele Lavia. È prevista la lettura di un messaggio di saluto del Presidente della Camera, Lorenzo Fontana. Oltre al regista ia relazionare: Federico Mollicone, Presidente della Commissione Cultura della Camera, Gennaro Coppola, produttore Omp. Moderera’ l’incontro Edoardo Sylos Labini, attore, regista e fondatore di CulturaIdentità. Gli interventi ranno trasmessi in diretta web tv, a partire dalle ore 18.

Una stazione ferroviaria in Sicilia. Nella sala d’aspetto ci sono due persone. Uno è L’uomo dal fiore in bocca, l’altro è Il pacifico avventore, che ha perso il treno a causa dei numerosi pacchetti regalo acquistati per la sua famiglia e che gli hanno reso difficile la corsa. I due si raccontano la loro vita, ma mentre il pacifico avventore parla delle sue frustrazioni familiari, l’altro sembra voler indirizzare tutto verso un unico argomento: la morte. Tutto sembra avvolto nel mistero.

“Questo film è tratto dalla novella di Pirandello “caffè notturno” che lo scrittore, poi, trasformò in un atto unico per il grande attore Ruggiero Ruggeri senza apportare nessuna modifica al proprio racconto – così scrive nelle sue note di regia Gabriele Lavia – io, interpolando l’uomo dal fiore in bocca con altri brani di novelle di Pirandello, alcuni anni fa, ne feci uno spettacolo di teatro “vero e proprio”. Della durata di circa un’ora e mezza”. Da quello spettacolo teatrale il maestro Lavia, nel 2021, realizzò il lungometraggio prodotto da Manuela Cacciamani per One More Pictures con Rai Cinema, ora disponibile su RaiPlay. L’opera, tratta dalle novelle di Luigi Pirandello, è stata presentata in concorso ufficiale alla 39a edizione del Torino Film Festival. Girato in Puglia, il film è scritto e diretto da Gabriele Lavia ed è interpretato da Gabriele Lavia, Michele De Maria e Rosa Palasciano.

“Ho ambientato  il film, non in un caffè notturno, ma in una stazione ferroviaria – continua il regista -Enorme, irreale. In una “sala d’aspetto” gigantesca, sporca e deserta. Soltanto due piccolissimi uomini. Uno pieno di vita, di impegni: la moglie, i figli, il lavoro, i suoi sogni, le speranze, le paure, le angosce. L’altro, ormai condannato a morte da un male incurabile, che ascolta con morbosa curiosità e attenzione il racconto della piccola vita del “piccolo” uomo per coglierne l’assoluta assenza di senso, la stupidità delle sue illusioni, l’insulsaggine delle sue occupazioni e degli impegni o “impicci” inutili della vita rappresentati da tanti “pacchetti” che impediscono all’ometto di poter vivere. Cioè di non “perdere il suo treno”.