Regista tra i più richiesti dalle produzioni teatrali italiane, Enrico Maria Lamanna è molto di più. Qualche attrice addirittura ritiene che lavorare con lui equivalga ad una notte d’amore. Il suo lavoro Bloccati dalla Neve ha debuttato alla Sala Umberto di Roma, a San Valentino, rivelando una delle tante anime di Lamanna.
Belvedere e Iacchetti i protagonisti di “ Bloccati dalla neve” hanno scatenato il pubblico della Sala Umberto. Ma come come lavora il regista Lamanna?
Di solito avviene che io scelgo un testo che mi piace, lo propongo ad un attore e successivamente se l’attore si rivela interessato vado da una produzione e propongo il pacchetto. Altre volte sono i produttori a contattarmi con l’idea di fare un testo interpretato da quell’attore e affidarmi la regia. In quel caso, leggo il testo e se mi convince accetto. Sono un regista di pancia e di cuore, se non mi emoziono e non vedo la realizzazione finale di un’opera non riesco a dirigerla. Inoltre ci sono degli autori, come gli stranieri Miller, Tennessee Williams o gli italiani Luca De Bei e Gianni Clementi, che approccio molto facilmente mentre ce ne sono altri che non incontrano il mio sentire e che sono costretto a dirigere diventando quasi filodrammatico. Pirandello, Pinter, sono talmente ostici per me che mi annoio perfino ad andarli a vedere.
Quest’opera di Peter Quilter oltre che a dirigerla l’hai tradotta e adattata insieme alla produttrice Marioletta Bideri. È un tuo metodo?
Succede ogni tanto anche se, ultimamente, più che della traduzione preferisco occuparmi dell’adattamento. Un po’ perché le traduzioni pure e semplici risultano ostiche; un po’ perché tendo ad adattare le opere proprio per semplificarne la direzione offrendo un vantaggio in più agli attori. Tuttavia adattare non significa solo lavorare sulle battute e sui tagli, ma sulla fluidità del dialogo. Il dialogo è importante insieme all’aggiunta di situazioni che alleggeriscono senza ovviamente stravolgere la trama. Spesso ci sono traduzioni che hanno un linguaggio difficile. Tra i tanti modi di adattare un testo c’è quello di cambiarne il periodo storico dove è stato ambientato originariamente.
Hai un’esperienza anche internazionale. Cosa ti sei portato a casa?
Nel 1984, partii per New York da Napoli, la mia città. Avevo già lavorato con professionisti del calibro di Carmelo Bene, Dario Fo e Franca Rame, Ugo Gregoretti. A New York si teneva un seminario con Dustin Hoffman all’ Actors Studio. Normalmente per entrare è necessario essere membri ma, in quell’occasione, mi dettero la possibilità di partecipare come uditore. Onestamente credevo di restare in America per un mese invece, alla fine del seminario, mi chiesero se volevo entrare a far parte dell’ Actors Studio a tutti gli effetti. Ci sono solo quattro italiani accreditati: Luca Barbareschi, Anna Galiena, Francesca De Sapio e il sottoscritto, dal 1985. Gli Anni 80 erano gli anni di “Saranno Famosi”. Io dividevo l’appartamento con uno dei protagonisti della storica serie televisiva, con Carlo Imperato, che interpretava Danny Amatullo. In quegli anni d’oro io fui molto protetto da un’altra star americana ossia Jeff Bridges che mi fece partecipare come attore al film di Schumacher “Ragazzi Perduti”. Ebbi l’opportunità di recitare a Broadway con Bette Midler e Lily Tomlin. Insomma, entrai in un giro artistico meraviglioso. Da New York ho portato a casa una bella “Green card” ma da allora, nella speranza di condividere tutte le emozioni con il mondo dello spettacolo italiano, non sono più tornato negli USA in pianta stabile nonostante Schumacher mi volesse anche sul set di “Linea Mortale” insieme a Julia Roberts. In Italia ho continuato a lavorare ma ho scelto di fare il regista perché dirigere è per me molto più interessante. Da ragazzo ho avuto un momento d’oro in cui facevo i fotoromanzi per il settimanale Cioè. Ero molto amato dalle ragazzine.
Cosa ti piace di più del tuo lavoro?
Creare sogni e fare sì che il pubblico si lasci condurre per mano. Mi piace che gli attori, diretti da me, si lascino andare ed entrino nel mio sogno. Inoltre mi domando sempre cosa vorrei che succedesse se io fossi seduto in platea. Ornella Muti disse una volta che: “Lavorare con Enrico è come una lunga notte d’amore”.
Prima del lockdown stavi lavorando al film “Angeli”?
Il film si farà. Purtroppo ci siamo dovuti fermare per colpa della pandemia ma il prossimo settembre andremo sul set. Si tratta di quattro storie legate da un fil rouge. A volte camminando per strada incrociamo delle persone che dicono una frase in grado di illuminarci. Mi sono ispirato al capolavoro di Frank Capra “La vita è meravigliosa “ e a “Il Cielo sopra Berlino” di Wim Wenders. Recentemente ho realizzato un corto che si svolge in un supermercato dove i protagonisti sono attori che a causa del COVID si sono dovuti riciclare come cassieri, guardie giurate, venditori di reparto. Tosca D’Acquino è la responsabile della maglieria intima, Arisa è una cassiera, Francesco Montanari una guardia giurata. Il corto è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma e si intitola “Adda passa’ a nottata” e probabilmente sarà proiettato in sala prima del mio lungometraggio Angeli”.