“Bones and All”, al cinema l’amore cannibale di Luca Guadagnino

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Timothée Chalamet (left) as Lee and Taylor Russell (right) as Maren in BONES AND ALL, directed by Luca Guadagnino, a Metro Goldwyn Mayer Pictures film. Credit: Yannis Drakoulidis / Metro Goldwyn Mayer Pictures © 2022 Metro-Goldwyn-Mayer Pictures Inc. All Rights Reserved.

L’amore (si) divora, può uccidere o aiutare a sopravvivere. Non è solo un incontro di solitudini ma una figura retorica complessa, talvolta idealizzata, che si ripete in un circolo vizioso da cui è difficile uscire. Dal 23 novembre Luca Guadagnino torna nelle sale italiane con “Bones and All”, ultimo lavoro del regista siciliano che sullo schermo adatta le pagine del romanzo “Fino all’osso” di Camille DeAngelis, pubblicato in Italia da Panini Books. Vincitore del Leone d’argento per la regia alla 79esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, dove la standing ovation con dieci minuti di applausi è stata l’ennesima conferma da parte della stampa per il cineasta di “Call me by your name” e “Suspiria”, il film è un road movie che nelle pieghe di un romanticismo platonico nasconde profonde verità sull’emarginazione sociale e la voglia di riscatto dall’omologazione culturale. Maren, interpretata dall’attrice Taylor Russel che al Lido si è aggiudicata il Premio Marcello Mastroianni, è una ragazza che tra le strade spesso deserte degli Stati Uniti cerca sé stessa e sua madre. La sua natura cannibale la condurrà verso un viaggio interiore in cui proverà a mettersi in discussione rinnegando ciò che è davvero per poi lasciarsi andare all’istinto. Capirà che non è più sola in un mondo pieno di insidie e di pericoli, quel mondo che non accetta il diverso e lo mette alla gogna, quando nel suo percorso troverà Lee, Timothée Chalamet che invece ha imparato a convivere con il proprio io. Nel cast, accanto ai protagonisti, Michael Stuhlbarg, André Holland, Chloë Sevigny, David Gordon-Green, Jessica Harper, Jake Horowitz e Mark Rylance. «C’è qualcosa in coloro che vivono ai margini della società che mi attrae e mi emoziona. Amo questi personaggi. Il cuore del film batte teneramente e affettuosamente nei loro riguardi. Mi interessano i loro viaggi emotivi- spiega Guadagnino -Voglio vedere dove si aprono le possibilità per loro, intrappolati come sono nell’impossibilità che si trovano di fronte. Una riflessione su chi si è, e su come si possa superare ciò che si prova, specialmente se è qualcosa che non si riesce a controllare in sé stessi. E da ultimo, ma non meno importante, quando saremo in grado di trovare noi stessi nello sguardo dell’altro?». Il lungometraggio gioca in 130 minuti con la timidezza e i sentimenti puri, i tratti macabri e spaventosi vengono ridisegnati in una storia amorosa ai limiti dell’impossibile, ma che si immerge completamente nella realtà e diventa credibile seppur faticosa. La poetica della tolleranza, la consapevolezza che anche “i mostri” hanno un cuore e non necessariamente devono mangiare quello degli altri. Perché la fame di emozioni in “Bones and All” diventa universale, quasi una forma di cattolicesimo dell’identità e della bellezza che dà la priorità all’anima dimenticandosi del corpo. La pellicola è stata prodotta da Frenesy Film Company e Per Capita Productions con The Apartment Pictures del gruppo Fremantle, Memo Films, 3 Marys Entertainment, Elafilm e Tenderstories. In collaborazione con Sky e in co-produzione con Vision Distribution, che si occupa della distribuzione nello Stivale mentre MGM ha acquisito i diritti di quella mondiale, l’opera trasforma la fuga dei due personaggi in un’occasione per accettarsi e crescere insieme scoprendosi a vicenda nelle fragilità e debolezze, ora punti di forza nel cammino impervio della vita.