Con la tecnologia al Battistero di Padova potremo vedere il mistero di Cristo

0

Il caldo è lo stesso di un inizio estate del tempo dei like sui social; Gesù sta rispondendo alla curiosità piena di presagi di due discepoli del Battista, che gli fanno le nostre domande incapaci di assoluto. Li sfida, icastico: “Venite e vedrete”. L’episodio narrato nel Vangelo di Giovanni permette a don Gianandrea Di Donna, liturgista e delegato della Diocesi di Padova per il Battistero, di far capire quanto sia teologicamente fondato il progetto di valorizzazione del complesso della Cattedrale, presentato al pubblico attento ai tesori dell’Urbs Picta, appena posti dall’Unesco sotto la propria tutela.

Domus opera. Si chiamerà così la cittadella medievale – “il volto della Chiesa di Cristo in Padova” –, sorta attorno al capolavoro artistico e grembo fecondo che è il Battistero, affrescato da Giusto de’ Menabuoi nel XIV secolo. Qui uomini e donne sono rinati dall’acqua e dallo Spirito Santo, nella notte gloriosa della Veglia pasquale; qui i vescovi di Padova hanno costruito la loro dimora; qui è edificata la Basilica Cattedrale; qui la Chiesa, da alcuni decenni, nel Museo diocesano, espone le sue opere più straordinarie.

Dall’8 luglio, le varie stazioni saranno unite in un circuito di rimandi e progressioni di senso, articolato con il supporto del genio della tecnologia moderna, grazie all’impresa Kalatà, che ha curato le sale multimediali dove il visitatore avrà modo di attingere a indispensabili supporti pedagogici, e scolpito da un avanguardistico sistema di illuminazione realizzato da I-Guzzini.

La dicitura “Domus opera” è “in quella lingua straordinaria che è il latino”, sottolinea don Di Donna, illustrando il progetto nella Sala Barbarigo del Museo diocesano, tra stemmi e Antifonari miniati. “Per esprimere il vigore, la potenza che riceviamo dalla tradizione viva della Chiesa. Qui essa dice: “venite e vedrete””. È una formula che gioca con una molteplicità di significati. “Domus” è la Cattedrale, ma pure la casa del vescovo, il successore degli apostoli, che conservano e trasmettono il mistero di Cristo al mondo. E perfino la casa familiare, di tutti i credenti e di ogni uomo, anche il semplice curioso.

Non siamo di fronte a un’operazione museale o di semplice annunzio. L’intenzione è di “far vedere il mistero di Cristo.” “La grandezza – conclude don Di Donna – ha bisogno di essere prima di tutto guardata, non spiegata. Di essere accolta nella sua veemenza, come quel Pantocratore, quel Gesù onnipotente che tutto tiene nella mano e da secoli attrae chi entra nel Battistero.” Che è poi la stessa delle dita del bimbo divino, seduto dritto in braccio alla Vergine, che, in un olio esposto nelle sale del Museo, si chiudono intorno alla linfa che scorre nello stelo di una rosa.