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Il pittore nato ad Alessandria d’Egitto ci racconta la realtà fra surrealismo e vedutisimo
Nascere in Africa ti segna indelebilmente, anche se te ne vai presto e non ci torni più. Fu così per Mario Schifano, ed è così per Gene Pompa, nato ad Alessandria d’Egitto nel 1952 e trasferitosi a Roma nel 1962. Quella di Gene può definirsi una pittura estremamente materica, razionale da una parte, passionale dall’altra: l’osservazione del reale coesiste con la rielaborazione personale ed emozionale della natura. Gli anni ’90 coincidono con la maturazione di un linguaggio improntato a ottenere il massimo dal medium pittorico. Gene passa dalla copia di capolavori dei maestri del passato all’elaborazione di un linguaggio capace di radicarsi nel presente. È proprio in questo tempo presente che vive la sua rappresentazione; le influenze del surrealismo e del vedutismo si collocano all’interno di una raffinata e attuale narrazione cromatica, dove la luce gioca un ruolo centrale. Per nulla asettici, i quadri di Gene stanno così in bilico tra memorie suggestive e fedeltà al racconto introspettivo di un artista che instaura con la tela un vero e proprio legame viscerale.
Gene Pompa è nato ad Alessandria d’Egitto nel 1952 – risiede a Roma dal 1962, dove si è diplomato in Murales all’Istituto San Giacomo. Dagli anni ’90 intraprende a tempo pieno la professione, alternando opere surreali ad opere squisitamente paesaggistiche. Il “marchio” che rende la pittura di Gene Pompa immediatamente riconoscibile è di certo la sua tecnica a rilievo: grazie al consapevole utilizzo di spatola e pannello realizza ad olio dipinti tridimensionali. Una svolta importante nella sua carriera artistica è l’apertura nel 1998 del suo Atelier “AArt’è Gene”, a Roma. Considerando il crescente apprezzamento del pubblico apre una Galleria nel centro storico a Spoleto. A tutt’oggi ha partecipato ad oltre cento personali e seicento rassegne d’arte, Nazionali ed Internazionali, nonché ha esposto in prestigiose gallerie private.