Amore e Morte, la “Follia di Shakespeare” interpretata da Lorenzo Richelmy e Stella Egitto

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“Il Bello è brutto, il Brutto è bello”. Tra tuoni e lampi, tre streghe gemono nel vento. Ci dicono che nulla è come sembra. Ciò che è buono (“giusto”) è il male (“fallo”). Ciò che è male è buono. Tutto è stranamente invertito. Così ha inizio“Follia di Shakespeare – Macbeth VS Romeo e Giulietta” l’ultima fatica di Max Mazzotta, attore e regista di formazione Strehleriana (reduce dal successo cinematografico del blokcbuster di Gabriele Mainetti “Freaks Out” 16 candidature ai David di Donatello). Sabato 23 (alle ore 20.30) e domenica 24 aprile (ore 18) debutterà in anteprima nazionale al Teatro Rendano di Cosenza.

Lo spettacolo è prodotto da L’AltroTeatro (Gianluigi Fabiano, Giuseppe Citrigno, Giada e Serena Falcone), nato da un progetto della compagnia LiberoTeatro. Ad interpretare il doppio ruolo della diabolica Lady e della innocente Capuleti, l’intensa attrice siciliana Stella Egitto (“In guerra per amore” di Pif -2016 ; “Tu mi nascondi qualcosa” di Giuseppe Loconsole- 2018 ;“I racconti della Domenica” di Giovanni Virgilio-2021). A vestire i panni del tormentato Macbeth e del poetico Mercuzio, Lorenzo Richelmy (“Fat Cat” di Michele Fiascaris -2013; serie Netflix “Marco Polo”-2014; “Il talento del calabrone” di Giacomo Cimini-2020). Con loro gli attori della storica compagnia Libero Teatro diretta da Mazzotta.

In realtà, Follia fu lo spettacolo che suggellò la nascita della compagnia nel 2000. Oggi, a distanza di 22 anni, torna a rivivere sulle tavole del palcoscenico in una rielaborazione originale.

Un’originale indagine poetica sulla tragedia shakespeariana. Amore e follia sono il  nucleo centrale del Macbeth e di Romeo e Giulietta. I due drammi possono essere letti seguendo il medesimo filo rosso: la follia e la perversione che l’amore può ingenerare. Le vicende si intrecciano sul palcoscenico in un gioco di specchi e di doppio in cui il confine, tra le due tragedie, diventa labile. Le atmosfere esoteriche del Macbeth si fondono con l’identità popolare di Romeo e Giulietta. Infinite possibilità hanno origine dal “doppio ruolo” che ciascun attore è chiamato ad interpretare nell’intreccio delle due storie. Se assistere a Macbeth che veste i panni di Mercuzio ingenera un moto di benevolenza nonostante le atrocità commesse, vedere Lady Macbeth diventare Giulietta, ci suggerisce quanto possa diventare folle e diabolico l’amore. Il Macbeth è un racconto onirico, un ponte sospeso tra naturale e soprannaturale, il male che divora dentro lentamente ciò che è intorno e mai il contrario. Fino alla morte di Mercuzio, Romeo e Giulietta è una gustosa commedia popolare. L’uso del dialetto calabrese, non solo restituisce ai personaggi la veridicità della loro condizione umana, ma gli garantisce anche quelle sfumature interpretative che sono la forza del linguaggio tragicomico. Le scene in dialetto di Romeo e Giulietta sono frutto di una traduzione che s’ispira al concetto che “tutto è un gioco”. L’amore e l’amicizia sono un gioco ma anche l’odio tra le due famiglie (Montecchi e Capuleti) rievoca un rituale antico nell’immaginario popolare. Ecco perché si è scelto di raccontare la “faida” tra le due famiglie, pronte a sfoderare l’odio brutale l’una contro l’altra, per una partita di pallone. Due squadre rivali, due modi opposti di vivere il gioco. La commedia, in un gioco di riflessi, si specchia nella tragedia e viceversa. Lo spettacolo ha una regia moderna che attinge a piene mani al montaggio cinematografico. La rappresentazione contemporanea delle due tragedie diventa possibile grazie alla molteplicità dei linguaggi. Ed è proprio “il doppio” interpretato dagli attori che permette di passare da una tragedia all’altra senza che il racconto subisca traumi, una narrazione fluida, per quadri, che risulta originale e sorprendente.