Lucia Mascino:”Ghiaccio è un thriller anomalo in cui il pubblico vive con noi la catarsi”

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Uno psychological drama che addentra lo spettatore nei meandri di una complessa mente criminale, ma anche nell’angoscia dell’attesa e dei legami spezzati, aprendo uno spiraglio sul perdono, la pièce Ghiaccio (Frozen), diretta da Filippo Dini su un testo pluripremiato della drammaturga inglese Bryony Lavery (tradotto da Monica Capuani e Massimiliano Farau),  ieri l’ultima replica al Teatro Gobetti di Torino. Al centro della rappresentazione i colloqui della criminologa Agnetha  con il serial killer Ralph (Dini) e con Nancy (Mariangela Granelli), la madre di una ragazzina di dieci anni scomparsa improvvisamente vent’anni prima. Ad Interpretare la psicologa l’attrice Lucia Mascino, che ci ha parlato del suo personaggio e dell’originale stile narrativo della pièce, un thriller anomalo, capace di restituire però tutta la pienezza e la contraddittorietà dei sentimenti umani, anche dei più deprecabili. ”E’ un thriller senza suspence, per come si svolge lo spettacolo  – ci dice –  perché il testo dichiara subito cosa sta accadendo e poi la narrazione procede con una serie di monologhi dei tre personaggi principali”.

In primo piano quindi la psicologia di tre persone distanti nelle rispettive sensibilità: il serial killer, la criminologa e la madre della bambina rapita…

C’è un annuncio di stati d’animo che si sfaldano e si ricompongono, un bellissimo ragionamento sulla profondità del nostro sentire, sul bisogno di venirne a contatto e conoscerlo; perché laddove non c’è coscienza e riconoscimento c’è il ghiaccio, la paralisi, e l’azione fuori dalla coscienza. Dobbiamo continuamente avere a che fare con la nostra profondità e imparare ad entrarci in contatto senza ergere una barriera contro la paura. La mia psichiatra non ha paura di Ralph, perché maneggia serial killer da 20 anni, entra in carcere e ci parla, come una Jodie Foster con Hannibal Lecter.

Come si riesce ad interpretare la profondità psicologica di un personaggio?

Devi lasciare il tempo al tuo inconscio, all’istinto, alle tue parti meno governabili di avvicinarsi a quella materia. Delle volte il giudizio altrui non aiuta. Filippo ha sospeso il giudizio ha indicato delle strade e ha atteso che ogni attore trovasse la propria. Ha aiutato il fatto che lui stesso sia un attore. Siamo ancora in fase di lavoro. Il lavoro finisce con il pubblico, perché il pubblico suggerisce la strada giusta e lo spettacolo si assesta assieme al pubblico, trova la sua risposta.

E’ uno spettacolo d’introspezione, ma gli argomenti trattati più da vicino?

Gli argomenti sono veramente tanti. Sentiamo che il pubblico vive con noi una specie di catarsi. C’è dentro un’indagine psicologica di questo serial killer, ma il percorso più profondo che si fa è quello del “perdono”, non un perdono cattolico, ma laico, come ritorno alla vita. E riguarda tutti e tre i personaggi, anche il mio: una psichiatra abituata a dialogare con la parte emotiva, che tuttavia non riesce a governare i suoi tormenti interiori; infatti soffre di crisi di panico. Anzi lo spettacolo si apre proprio con una mia crisi di panico. Gli argomenti sono quelli macroscopici del male, inteso come male compiuto da un mostro che probabilmente agisce in uno stato di non coscienza, e quello di cui tutti siamo quotidianamente responsabili per azioni di cui non assumiamo la responsabilità. C’à anche un ragionamento sulle diverse proporzioni delle cose.

Il testo, di fine anni 90’, non aveva mai trovato approdo in Italia; mentre pare che lo spettacolo stia avendo un meritato riscontro

Il testo ha più di 20 anni ma non ha mai trovato approdo in Italia perché desta preoccupazione il fatto che si possano mettere in scena argomenti discutibili. Invece l’argomento del male, della sua origine, del perché si compia è più che attuale, tristemente oggi, che stiamo vivendo l’orrore della guerra in Ucraina. E il pubblico si immedesima, si commuove ed è bello vedere gli occhi delle persone, perché lo spettacolo inizia e si conclude in sala; la struttura del Gobetti permette di vedere le singole persone in faccia. Sta andando bene perché, nonostante la cupezza dell’argomento, la rappresentazione ha una virata verso la luce, è liberatoria! Non ti porti a casa un macigno, ma una nuova consapevolezza.

Ghiaccio (Frozen)  è una produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, in accordo con Arcadia & Ricono Ltd per gentile concessione di United Agents LLP.