Come si vive tra i due vulcani più pericolosi del mondo? Il doc sul Vesuvio e Campi Flegrei di Troilo

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Come si affronta la quotidianità quando si vive tra due vulcani? Qual è la preoccupazione dei cittadini che consumano i giorni aspettando un’eruzione imprevedibile ed implacabile che potrebbe arrivare domani, nel cuore della notte, o non arrivare mai? È il caso degli abitanti del vasto territorio che si estende tra il Vesuvio e i Campi Flegrei, due tra i vulcani attivi più pericolosi al mondo in un’area tra le più intensamente popolate d’Europa e con oltre un milione di persone in zona rossa.

Un’area nota per la disastrosa eruzione di Pompei del 79 d.C. e che nei Campi Flegrei è interessata dal fenomeno dell’innalzamento e dell’abbassamento del suolo, noto come bradisismo. Come si vive in mezzo ai vulcani, la preoccupazione dei residenti e non tanto della politica che ha consentito scempi urbanistici in queste aree, è documentato nel film di Giovanni Troilo ”Vesuvio, o come hanno imparato a vivere in mezzo ai vulcani”, prodotto da Davide Azzolini per Dazzle Communication, distribuito da I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection, musiche originali di Pietro Santangelo, durata 90 minuti.

Originario di Putignano, Troilo non è nuovo nel mondo del cinema: nel 2011 ha diretto Fan Pio, il suo primo lungometraggio, più tardi Le Ninfee, Frida Viva la Vida, Caravaggio criminale, fino ad Adele’s Dream (Fendi) prima del docufilm sul Vesuvio ed i Campi Flegrei. Sono proprio i due ultimi vulcani i veri protagonisti del film con storie che si succedono senza soluzione di continuità. La camera raramente indugia su qualcuno ma lentamente, come la lava del racconto di Norman Lewis, travolge quello che incontra, entrando per pochi minuti nel profondo delle storie per poi passare a quella successiva. “L’utilizzo di una tecnica di ripresa innovativa è l’unico modo possibile per ottenere questo tipo di risultato in un film che non sia di pura finzione”, dice il regista. “Una piccola camera capace di registrare in 6K e l’uso di uno stabilizzatore giroscopico consentono simultaneamente di dare allo spettatore la sensazione di galleggiare nello spazio con i personaggi che sembrano non accorgersi neppure dei passaggi della macchina da presa, rivelandosi nella loro intimità”. Così il sarto, la maga, lo scenografo, le coriste del San Carlo, l’ostetrica, il giornalista, il vulcanologo, i confratelli di San Gennaro, l’artificiere. Vite eccezionali e vite apparentemente normali, tutti sullo stesso piano, tutti sopra a un vulcano.

“La gente ha rimosso la paura di morire ed è già morta solo per questo. Pensa che vive per sempre e non vive oggi”, ammonisce Goblin, lo psicomago che vive sulle pendici del Vesuvio. Per dare una mappa del percorso Troilo ricorre a un tipo di grafica che raramente viene utilizzata nel docufilm. E’ così che dei tracciatori 3D collocano le lettere, i numeri che spiegano la vicinanza al vulcano all’interno della scena quasi ne facessero parte: la clinica ostetrica a 8 kilometri dal Vesuvio, il Teatro San Carlo a 5 dai Campi Flegrei, Paradise tv di Ercolano a 4 kilometri dal grande vulcano, la sensitiva Madame Luigia ad un kilometro dal cratere della Solfatara. “A Napoli non si è vicini o dentro a un vulcano. Si è sul vulcano”, commenta il regista.

Alle testimonianze dei personaggi, sono alternate immagini d’archivio per raccontare un po’ del passato che ha legato le popolazioni della cosiddetta zona rossa ai loro vulcani. Come la pulizia delle strade dopo l’ultima eruzione che vide i soldati americani affiancare i civili nella rimozione delle macerie della guerra, ma anche delle ceneri e della lava eruttate dal Vesuvio e nella ricerca dei feriti. Testimonianza di un’esistenza collettiva di secoli.