È morta a 93 anni Lina Wertmüller, la celebre regista tra le maggiori interpreti della commedia all’italiana. La prima cineasta donna nella storia a essere candidata all’Oscar per la miglior regia con Pasqualino Settebellezze, nel 1977. E nel 2019, l’Academy le ha consegnata la meritatissima statuetta, Oscar alla carriera.
Con i suoi immancabili occhialini bianchi e la sua tagliente ironia la Wertmüller ha ben tratteggiato la società italiana. Tra gli anni Sessanta e Settanta diviene una delle più importanti esponenti del cinema politico italiano, realizzando capolavori di genere.
“Il sogno di tutti i distributori è di avere dei film con una sola parola perché la possano scrivere più grande; ad un certo punto mi è venuta – grazie a quel tanto di “scugnizzo” che c’è in me – la voglia di scherzare col pubblico e di proporgli dei titoli talmente lunghi che nessuno se li potesse ricordare” e così nascono film indimenticabili, commedie dal retrogusto amaro: Mimì metallurgico ferito nell’onore, Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto e Film d’amore e d’anarchia.
E’ proprio nella seconda metà degli anni Settanta, che ha inizio la lunga collaborazione con l’attore Giancarlo Giannini (La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia e Fatto di sangue fra due uomini per causa di una vedova. Si sospettano moventi politici, gli altri titoli).
Nata a Roma nel 1928, figlia di una donna romana e un avvocato con lontane origini svizzere e aristocratiche. Il suo nome intero era Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich. Studiò teatro e lavorò come autrice per il teatro, la radio e la televisione, occupandosi tra le altre cose della regia di Canzonissima e dello sceneggiato Il giornalino di Gian Burrasca.
Nel cinema iniziò a lavorare nei primi anni Cinquanta, prima come segretaria di redazione e poi come aiuto regista del maestro Federico Fellini in La dolce vita. Il suo primo film da regista fu I basilischi, del 1963.
Ben 30 film anche come sceneggiatrice accanto a Sergio Sollima (‘Città violenta’), Pasquale Festa Campanile (‘Quando le donne avevano la coda’, ‘Quando le donne persero la coda’), Franco Zeffirelli (‘Fratello Sole, sorella Luna’), Enrico Maria Salerno (‘Nessuno deve sapere’) e serie, corti e film tv, tra i quali Il decimo clandestino, Francesca e Nunziata, Roma, Napoli, Venezia… in un crescendo rossiniano.
Diresse anche un film western all’italiana sotto lo pseudonimo maschile di Nathan Witch (‘Il mio corpo per un poker’ con Elsa Martinelli).
Il suo ultimo film era stato Peperoni ripieni e pesci in faccia, nel 2004.
Per Sophia Loren, che ha lavorato più volte con la regista: “E’ un dolore immenso. Il suo è un mito che verrà a mancare per sempre. Per me è come se fosse morto un familiare”.
Così Giancarlo Giannini, attore feticcio della Wertmüller: “Ho vissuto con lei, con lei ho fatto i film più belli. Se non ci fosse stata lei non sarei qui. È lei che mi ha costruito. È cominciato tutto per gioco, i primi film che abbiamo fatto durante l’estate mentre io facevo teatro li abbiamo girati in venti giorni, e ci lavoravano attori straordinari, come Giulietta Masina, Rita Pavone. Mi spiace solo che in Italia non tutti l’hanno apprezzata, anzi in molti in certi momenti snobbata, all’estero invece le hanno riconosciuto quello che in un parola sola la definisce: genio”.