Corpo a corpo, quando lo sport è motore di rinascita

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Presentato al Festival Alice nella Città, il documentario di Maria Iovine sull’atleta paralimpica Veronica Yoko Plebani guarda alla diversità con occhi nuovi e all’importanza dello sport come disciplina che consente di conoscere meglio se stessi e guardare al futuro con grinta e coraggio.

Veronica Yoko Plebani ha 25 anni, occhi pieni di grinta e un sorriso raggiante. Alle soglie di una laurea in scienze politiche, trascorre le sue giornate tra allenamenti e incontri con gli amici. Una vita come tante, si potrebbe pensare. Eppure, Veronica è reduce da una meningite batterica fulminante che nel pieno dell’adolescenza, a 15 anni, ha segnato il suo corpo in maniera irreversibile, lasciandole diffuse cicatrici e l’amputazione di tutte le falangi.  

A seguito della malattia, la Plebani ha saputo rialzarsi, diventando un’atleta paralimpica professionista nel triathlon – una disciplina sportiva che comprende, nel corso di ogni gara, una sequenza di prove di corsa, ciclismo e nuoto. Veronica ha bisogno di apposite protesi per allenarsi per far sì che il suo corpo possa funzionare al meglio. 

Seppure con un corpo così segnato dalla malattia, altro rispetto ai canoni estetici più comuni, non si vergogna (ma perché dovrebbe? verrebbe da dire), anzi ne fa un punto di forza – per sé e per chi ha sperimentato una condizione come la sua – mostrandolo senza infingimenti, posando finanche nuda, per scardinare i vecchi e amplificati stereotipi di bellezza inchiodati sui corpi perfetti delle modelle in passerella.  

Le inquadrature, fotogramma dopo fotogramma, la seguono discretamente, ma senza buonismi di maniera, nella sua quotidianità: negli allenamenti sfiancanti come sui set fotografici, per i quali posa senza veli, sino alle serate con gli amici e i compagni dell’università.  

Il racconto non perde, tuttavia, mai l’impronta leggera e delicata, e scorre fluido, senza mai scadere nella commiserazione o nel compiacimento. 

Corpo a corpo entra in punta di piedi nel mondo della diversità e della disabilità, offrendo uno sguardo diverso sulla bellezza che non sempre e non solo deve essere ricondotta ai canoni standard, guardando allo sport come strumento capace di stimolare una rinascita, favorire un equilibrio con sé stessi, un bilanciamento tra corpo e mente, un pungolo per guardare avanti con coraggio e ambizione, al di là dei limiti che la società vorrebbe imporre. 

La storia di Veronica è la storia di una donna determinata, sicura di sé, consapevole dei sacrifici necessari al raggiungimento dei propri obiettivi agonistici, ma non solo. Convinta com’è che la cosiddetta ‘diversità’ non può in alcun modo appannare i sogni, essa può invece diventare la sua stessa forza. Il racconto di Maria Iovine e la storia di Veronica insegnano del resto che la diversità esiste solo negli occhi di chi guarda, forse in modo distratto, soffermandosi solo sull’apparenza. E’ con questo spirito che Veronica alle Paralimpiadi di Tokyo 2021 – rimandate di un anno a causa della pandemia – ha conquistato una medaglia di bronzo, un altro importante traguardo, per lei ma anche per tutti coloro che guardano alle sue imprese, sportive e umane.