Maurizio L’Altrella, lo spirito dipinto dal corpo

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E’ dai tempi di Hegel, se non da prima, che la pittura la danno per morta. A voler fare i precisini, il filosofo di Jena col suo annuncio mortuario si riferiva a tutta l’ “arte bella”, ma siamo sicuri che nella categoria comprendesse anche la pittura, disciplina per la quale nelle stagioni culturali a venire altri avrebbero suonato le campane a morto, offrendo però il destro alle vestali della disciplina che invece no, la pittura è viva e lotta insieme a no, fino ad arrivare ai giorni nostri, con la mostra “di Flash Art” (con tanto di copertina sul numero estivo della rivista) alle Gallerie d’Italia (citofonare Intesa SanPaolo), Painting is back, incentrata su quello straordinario momento dei formidabili anni Ottanta a dimostrazione del fatto che la pittura in Italia e nel resto del mondo non è mai tramontata. Del resto basta guardarsi intorno fra gli stand delle varie fiere d’arte, in era pre e post flagello, per accorgersi che la pittura va via come il pane.

Ma il titolo della mostra di Maurizio l’Altrella, Ultra Spiritus Intra Corpore. La pittura non è lingua morta, suona subito come una presa di posizione e un ribadire, qualora ve ne fosse il bisogno, che oltre alle banane di Cattelan c’è di più.

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E allora ben venga questa militanza artistica, soprattutto se affidata a una pittura fatta di studio matto e lavoro.

A quell’Hegel da cui siamo partiti potrebbero fischiare le orecchie dentro il catafalco visto che Maurizio L’Altrella, oltre che in Italia, ha fatto diverse mostre proprio dai crucchi, dove il filosofo tedesco nell’800 gufava contro la pittura e l’ “arte bella”. Ed è sempre una piacevole circostanza il fatto che rivediamo L’Altrella oggi a Milano, dove fino a poco fa era in corso la succitata mostra “di Flash Art” sul ritorno della pittura (ma prima dov’era andata?) .

Fino al 14 novembre potremo vedere un numero importante della sua produzione, dal 2017 al 2021 (queste inedite), nei magnifici spazi espositivi (due piani, a livello strada e sotto) di Fondazione Uomo Fondazione D’inverno, che dopo la personale di Ivan De Menis inaugura adesso quella di Maurizio L’Altrella, in collaborazione con la galleria NuovoSpazio ArteContemporanea (testo critico a catalogo di Barbara Codogno, già curatrice della mostra Carmina).

Scrive Barbara Codogno in riferimento allo spirito e il corpo del titolo della mostra: “Punto di convergenza tra spirito e corpo, la pittura si muove tra le energie ctonie, magmatiche, infuocate e angeliche del sacro […]. Il sacro è sempre duplice: è l’alto e il basso, mai univoco. Non è quindi il corpo a essere straziato a causa della sua dimensione peritura, dalla sua inevitabile discesa agli abissi infernali della decomposizione della carne.

I riferimenti pittorici sono chiari, a partire dall’opera La ninfa compiaciuta. Omaggio a Manet, che campeggia sullo sfondo dell’invito alla mostra, una “riscrittura” della Ninfa sorpresa di Manet che evoca quell’iconografia storica da cui L’Altrella, spaziando, “attinge a piene mani: immagini, liquidate talvolta come retoriche, o snobbate come passatiste per pregiudizio ideologico, che sono invece eterne nel senso più luminoso del termine”, prosegue Barbara Codogno nel teso a catalogo.

In Ultra Spiritus Intra Corpore. La pittura non è lingua morta il sacro si alterna al profano, passando dall’Arcangelo Michele che sconfigge il drago (Michael) e il celebre passo evangelico di Luca (Come pecore in mezzo ai lupi) al paganesimo della tauromachia (Centauromachia I e Centauromachia II) e alla storia (sacra?) di Giovanna del fuoco (cioè Giovanna D’Arco), passando per Noli me tangere, Ecce Homo e L’ombra di Caino,in un corpo a corpo con la pittura che ha come filo conduttore lo spirito: “Tutti i soggetti dei miei quadri sono legati da un filo sottile: lo spirito. E come si fa a spiegare lo spirito? Ci provo attraverso il corpo“, dice L’Altrella.

In mostra abbiamo immagini che in certo senso sono archetipiche, ci appartengono in qualche modo e ci fanno pensare alla riscrittura di un repertorio iconografico: se il confronto con la settima arte non suonasse troppo crossover e oltraggiosamente pop, penseremmo a Luca Guadagnino quando nel 2018 ha ri-scritto Suspiria con notevoli spunti immaginifici ma restando fedele alla tradizione.