Scrive storie su tela con i pennelli della sua terra. Firma la versatilità in una visione aperta alla vita. Affida l’esistenza come necessità al disegno e alla pittura. Dentro il dubbio una ricerca febbrile che si evolve da un passaggio pittorico all’altro. “Dipingo per come la mia vita scorre”.
Ignazio Schifano nasce a Palermo nel 1976 e come artista, dopo venti anni di esperienza nel mondo del restauro. Si trasferisce a Londra dove continua gli studi legati all’arte pittorica. Con il rientro in Italia arriva la decisione di dedicarsi totalmente alla pittura.
Ciò che colpisce e affascina della sua scrittura su tela è “la componente creativa del rischio”, un’autobiografia che veicola l’universalità dell’Arte.
La “sicilitudine” passa attraverso alcune immagini iconiche: il carillon, la giostra, il mare e la dimensione isolata del proprio vissuto. La sua storia inizia da un quartiere problematico di Palermo che in lui scatena uno spiccato meccanismo di sopravvivenza. Scopre il dubbio e il meraviglioso andare verso nuove direzioni che si evolvono in ogni ciclo pittorico.
Il protagonista nei suoi lavori è il caso. “Sconvolge e a volte persino sconforta” crea uno spazio nel quale vivono emozioni contrastanti, una continua sfida con la sua parte razionale.
Forte è l’approccio con la pittura iberica, un processo inconscio, probabilmente legato a un momento particolare della sua vita.
Pittori, scrittori, poeti, “originali assenti” intervengono nei suoi lavori aggrovigliati in “una scatola di luce scura”.
Distante dal ragazzo di tredici anni che vendeva, a Palermo, la domenica mattina al mercato dell’antiquariato, i suoi primi studi e bozzetti.
Oggi, Schifano spinge la sua ricerca non soltanto verso l’astrazione, l’uso irrequieto e vorticoso del colore lo conduce verso una “contemporanea universalità.”
“Artisti di Sicilia” a cura di Vittorio Sgarbi, “Iperbole” a cura della Galleria Lombardi di Roma, “Dentro il cerchio” allestito presso la Camera dei Deputati di Roma sono solo alcune delle diverse mostre a cui Schifano ha partecipato negli anni.
I suoi lavori fanno anche parte di importanti collezioni private e pubbliche, tra cui quelle del Castello di Fumone (FR); del Museo d’Arte Contemporanea Siciliana (MACS) di Catania; del Museo di Rende, e del Palazzo della Provincia di Cosenza.
“Perdermi, smarrirmi, anche se ogni tanto mi fa paura, è ciò che meglio conosco, e di continuo mi auguro. Per la mia vita, e per la mia Arte.”
E di strada ne ha fatta tanta Ignazio, dal cavalletto in spalla studiando e dipingendo il paesaggio, “i palazzi di mattoncini rossi puntellati da tante piccole finestrelle”, il bagno nella tinozza, i fuochi d’artificio, lo sguardo al cielo per cercare risposte.
La sua Palermo fatta a mano, portata addosso in una molteplicità di stili, di storie, di leggende, di maschere. L’arte come atto sovversivo, come incontro occasionale per descrivere la società e il modo di vivere oggi.
Alfred Jarry è uno dei suoi scrittori preferiti. La scienza delle soluzioni immaginarie è per Ignazio una delle risposte alla costruzione delle sue opere. Far convivere elementi del mondo che lo circondano con espressioni della fantasia. Una pittura libera che ingloba e restituisce una forte componente di “sicilianità”, che non esclude gli effetti delle contaminazioni ancestrali di altre dominazioni europee.
“A modo mio, seppur attraverso i pennelli, mi piace pensarmi un cuntasturie, un cantastorie.”
Come sempre una narrazione elegante e colorata, che piega i capi della riflessione in un arco logico, fino a farli convergere. Molto bello.
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