Addio ad Enrico Vaime l’intellettuale che sapeva ridere

0
Il Giornale.it

“È morto uno dei miei più cari amici, abbiamo lavorato insieme vent’anni. Stava male da un po’, almeno da un paio di anni. Sono sempre rimasto in contatto con la famiglia, con la moglie, l’ho sentito l’ultima volta quindici giorni fa.” Con queste parole Maurizio Costanzo ha risposto al duro colpo della scomparsa, quella del fraterno collaboratore Enrico Vaime, uno dei massimi autori televisivi, radiofonici e perché no, anche cinematografici.

Cominciò a lavorare in Rai in giovane età, ventiquattrenne, nel lontano e luminoso 1960, quando la televisione rappresentava una guida culturale oltre che ironica, spiritosa, elegante. Nella sua celeberrima carriera, Enrico Vaime ha firmato circa 200 programmi, tra immortali  varietà come Quelli della domenica (1968), Canzonissima  (1968 e 1969), Fantastico  (1988) e con l’amico Costanzo Memorie dal bianco e nero  per RaiUno. Con quest’ultimo concluse la carriera televisiva con S’è fatta notte  (dal 2012 al 2016).

Scrisse numerose commedie musicali, soprattutto per la coppia Garinei e Giovannini: FeliciBum Tà, Anche i bancari hanno un’anima, La vita comincia ogni mattina, Pardon Monsieur Molière, Una zingara m’ha detto, Gli attori lo fanno sempre  e l’ormai celebre C’era una volta… Scugnizzi.

Collaborò in radio ad un centinaio di programmi, conducendo per diverse decadi Black Out, su Radio 2 il sabato e la domenica mattina, trasmissione nata nel lontano 10 novembre del 1979 e tuttora in onda, lavorando così al programma radiofonico più longevo di Radio Due. Fino a quando poté farlo, Vaime apriva con un suo monologo commentando le notizie più rilevanti della settimana e lasciando poi spazio a sketch e monologhi comici degli altri protagonisti del programma. Prolifico autore di libri tra cui: Tutti si possono arricchire tranne i poveri; Perdere la testa; Quando la rucola non c’era; I cretini non sono quelli di una volta e Gente perbene: Quasi un’autobiografia.

Il suo era un sano umorismo  capace di osservare le evoluzioni (o involuzioni) della società italiana. Giusto erede di Ennio Flaiano, di un elegante humor non-sense  a tratti vicino al cinico sarcasmo d’Oltreoceano di Woody Allen.

Era un intellettuale che sapeva ridere, battute che potevano essere taglienti come lame: “Per essere cretini bisogna crederci fino in fondo” o “I sogni nel cassetto se li mangiano le tarme.”  

Una delle sue massime più sagaci l’ha pronunciata qualche anno fa, quando alla domanda: “Da quando fugge il timore di essere considerato un pensionato?” ha risposto: “Praticamente da quando ero bambino”.