Il sogno di quel ragazzo chiamato Enzo Ferrari…

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Antonio Silvestre inizia a lavorare nell’ambiente cinematografico nel 2004 come aiuto regia su diversi set e lavorando al fianco di importanti registi come Giorgio Capitani, Alberto Sironi, Massimo Spano, Alessandro Aronadio, Luciano Melchionna, Giacomo Campiotti. Debutta alla regia nel 2012, vincendo diversi premi con i suoi cortometraggi. Adesso, il suo docu-film “Ralph De Palma- l’uomo più veloce del mondo” sarà disponibile dal 15 Marzo in streaming.

Partiamo da una domanda semplice e retorica, da dove nasce questo progetto e cosa ti ha spinto a raccontare la storia di un’automobilista formidabile come Ralph De Palma?

Dunque, il progetto nasce casualmente, nel senso che il caso ha voluto che De Palma sia nato nel paese dove è nato mio padre. Il sindaco mi ha contattato dicendomi “Guarda che c’è una storia che riguarda un nostro compaesano che cento anni fa è diventato un campione del mondo vincendo la 500 Miglia di Indianapolis”. Così mi ha incuriosito e mi ha fatto conoscere Maurizio De Tullio che è l’autore della biografia su Ralph, la versione italiana in quanto esiste anche quella classica scritta in America, ma ciò che ha riportato De Tullio mi è sembrato eccellente proprio per la raccolta di dati sportivi e con le note sullo spaccato dell’Italia di quegli anni. Quindi sono rimasto molto affascinato e subito abbiamo cominciato a trovare i finanziamenti per poterlo produrre, poi son passati due anni di lavoro e di ricerche, in prevalenza all’estero, perché nel nostro paese stranamente è ancora sconosciuto. Contattando persone negli Stati Uniti e cercando materiale d’epoca tra i collezionisti di tutto il mondo che ho acquistato, siamo riusciti a ricomporre il puzzle di una vita leggendaria che è stata quella di De Palma. Chiaramente abbiamo potuto realizzare il film con l’incredibile ristrettezza del budget che avevamo a disposizione e buona parte delle riprese sono state fatte negli Sati Uniti, grazie ad una fatica mostruosa. Ovviamente è stata una troupe leggerissima formata da me, il direttore della fotografia e l’aiuto regista e abbiamo girato con una Sony alpha 7, quindi con un assetto non conforme ad una visione cinematografica, ma con un’aria più amatoriale proprio per permetterci di realizzare qualcosa col poco che avevamo. Tutto ciò che è stato raccolto come budget è stato speso per le riprese di finzione, che sono state girate in Puglia nel paese natale di De Palma, Biccari, in sei giorni. Quindi quel che avevamo a nostra disposizione è stato spalmato su due diversi linguaggi, uno documentaristico e leggero, l’altro con una ricostruzione scenica con tutti i costumi, luoghi e oggetti legati al passato. Abbiamo utilizzato anche una macchina d’epoca del 1917 che era stata pilotata veramente da De Palma e che un collezionista era riuscito a trovare.

Durante la visone del film è possibile vedere molte scene di finzione che richiamano quel tempo, dall’infanzia di De Palma fino all’età adulta. Com’è stato il lavoro su queste scene?

Guarda, ho fatto leva su quella che è una carriera iniziata oramai nel ’99, perché sono vent’anni che faccio questo mestiere. Ho avuto la possibilità di essere affiancato da un team di professionisti come Nicola Saraval che è un ottimo direttore della fotografia e un cast di rispetto formato da Alessandro Tersigni, Simone Montedoro, Vincenzo De Michele, Alessandra Carrillo ecc. Insomma è stato un privilegio avere questi attori con i pochi soldi che avevamo. La fortuna è che eravamo tutti amici, perché avevamo già lavorato insieme ad un corto che aveva fatto il giro del mondo raccogliendo molti premi dal titolo ”Le avventure di Mr. Food and Mrs. Wine”( ancora disponibile su Amazon Prime) e dunque, grazie questo set di persone amiche che mi hanno dato una mano, siamo riusciti a realizzare qualcosa di ambizioso nonostante il poco tempo e il piccolo budget. Probabilmente se avessimo avuto tutte le risorse a disposizione non avremmo utilizzato il linguaggio del docu-film ma avremmo optato per un film canonico o una fiction. Le scene di Ralph bambino sono un po’ romanzate, soprattutto quella della chiesa, sulle parole che egli stesso disse ad un’intervista ma sicuramente rendono l’idea del dramma vissuto dai tanti italiani che in quel periodo lasciarono un sud-Italia che era ancora devastato dalla fame e dal colera. Dobbiamo immaginare che in quegli anni non esisteva ancora il ponte di Brooklyn, quindi chi viveva in quei quartieri veniva confinato perché veniva visto come qualcosa di assolutamente basso. Lì vivevano le etnie che erano considerate le peggiori in assoluto tra cui gli italiani, i quali venivano addirittura chiamati “ratti”.

Una scena importantissima è quella della 500 Miglia di Indianapolis del 1912, in cui Ralph De Palma non vince ma entra comunque nella storia grazie alla sua tenacia. Come hai lavorato a quella scena?

Diciamo che se avessimo avuto una possibilità economica più elevata, con un circuito e diverse auto d’epoca, avremmo senz’altro cercato di ricreare una situazione che ancora oggi a Indianapolis è nell’immaginario collettivo, addirittura ci sono nel museo le immagini di Ralph che spinge la propria automobile. Una decina d’anni fa, sulla rivista che viene distribuita a Indianapolis il giorno della gara, c’era in copertina il dipinto che ritrae Ralph mentre spinge la macchina. È un simbolo, la figura di un uomo sfortunato che non si è mai arreso alle avversità. Pensa che durante la famosa gara del ’12 tanti spettatori avevano cominciato ad andarsene perché la vittoria di De Palma era certa, poi parliamo di un’epoca in cui i politi correvano senza casco e le condizioni di sicurezza erano minime. Lo stesso Ralph disse ”Non è stata sfortuna, doveva andare così. Sono diventato più famoso grazie a quella gara lì in cui mi si è rotta la macchina.” Dopo essere diventato campione del mondo nel ’20, viene naturalizzato americano e quindi gli statunitensi se ne appropriano come se fosse un loro eroe, anche se tutti i suoi grandi successi gli ha realizzati col passaporto italiano. Infatti, ancora oggi se fai una ricerca sul circuito di Indianapolis l’unica bandiera italiana che vedrai tra i vincitori di tutta la storia è quella di Ralph. Ancora oggi, dopo cento anni, nessun italiano è riuscito a replicare quell’impresa storica del 1915. Una cosa che non abbiamo citato nel docu-film è che il motore che utilizzò per realizzare il record di velocità nel mondo, è un motore che venne progettato da egli stesso, dato che in età adulta si mise a progettare e a produrre motori per areoplani. Quel motore lì ha ispirato le prime macchine di Enzo Ferrari, tra cui la V8 che definiva l’auto perfetta per le gare da corsa. Ovviamente il rapporto con Ferrari l’abbiamo snocciolato all’inizio del docu-film con un frammento che abbiamo acquistato dalla “Cineteca nazionale”, un’intervista che aveva lasciato per un documentario dal titolo “Rosso Ferrari” in cui raccontava di questa spinta, per tornare alla prima domanda che mi hai fatto, e diceva di aver visto da ragazzino, su una rivista illustrata, un italiano che era riuscito nell’impresa di vincere la 500 Miglia di Indianapolis. Sentir dire da un grande come Enzo Ferrari: “Se ce l’ha fatta lui che è italiano, perché non posso farlo anch’io?” mi ha portato a fare questo film, ma ancora di più mi hanno colpito le altre parole che dice Ferrari:” Tutti gli eventi successivi della mia vita sono da ricondurre a questo sogno dell’adolescenza.”