Quella di Nino Benvenuti, campione olimpico di pugilato di origini istriane, è una storia di riscatto degna di un film. O di un fumetto. Perché dalla sua vita è stata recentemente tratta la graphic novel autobiografica Nino Benvenuti. Il mio esodo dall’Istria (Ferrogallico, 2020, 112 pagine, 15 euro), scritta assieme a Mauro Grimaldi e disegnata da Giuseppe Botte.
Si parte dall’infanzia del pugile, testimone diretto dei crimini compiuti verso il suo popolo da parte delle truppe di Tito e in particolare dei massacri delle Foibe. Nel caso del protagonista, i titini arrestarono ingiustamente suo fratello e gli uccisero il cane per pura crudeltà.
L’opera prosegue raccontando l’inizio della sua passione per la boxe, quando si difendeva dai pugni dei giovani slavi che lo chiamavano “sporco italiano”, per poi esordire sul ring nel 1951.
Ma quando, nel 1954, Trieste tornò all’Italia e numerosi istriani dovettero lasciare la loro terra, gli stessi italiani non furono accoglienti con gli esuli.
Il riscatto di Benvenuti avvenne alle Olimpiadi di Roma del 1960, quando si aggiudicò il titolo mondiale nei pesi welter sconfiggendo l’argentino Carlos Monzòn.
Con una medaglia d’oro olimpica, due europee e diversi altri riconoscimenti, Benvenuti è stato uno dei più grandi pugili (e italiani) di sempre.
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