Sono “soprannaturali” questi antichi Romani!

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Foto di ArtCoreStudios da Pixabay

Sapere è potere: un motto che non passa mai di moda, persino in questi tempi di analfabetismo digitale.

Gli antichi Romani, per esempio – che in quanto a potere e dintorni non hanno mai avuto bisogno di troppe lezioni – dei loro nemici cercavano di conoscere ogni dettaglio. Perché la vittoria, si sa, nasce spesso molto prima di arrivare sul campo di battaglia. E certi segreti possono far pendere la bilancia della sorte da un lato o dall’altro.

È questa l’idea alla base del nuovo romanzo di Fabrizio Valente, Il nome segreto di Roma (DieLLe Editore, 2019, 306 pg., 20 Euro).

 Il nome segreto di Roma, il romanzo di Fabrizio Valente

Per gli antichi, infatti, conoscere l’appellativo nascosto di qualcuno o qualcosa, equivaleva a tenerla in pugno. Avevano persino escogitato un rito, l’evocatio, con cui immaginavano di scardinare le difese soprannaturali di una città proprio in questa maniera, portando dèi e numi dalla loro parte. Ma cosa succederebbe se qualcuno arrivasse a scoprire il nome segreto di Roma?

Il lavoro di Valente parte proprio da qui, immaginando che un misterioso Comes Draconis, una sorta di signore non morto arroccato in una parte sperduta della Dacia – l’odierna Romania – sia riuscito non si sa come ad apprendere il nome tabù, diventando così capace di distruggere l’Urbe. All’imperatore Adriano, in quel momento sul trono dei Cesari, non resta che trovare qualcuno capace di compiere una missione disperata…

In un periodo in cui il Fantastico di stampo mediterraneo comincia a farsi notare, il romanzo di Valente è sicuramente un buon contributo. Alla trama forse un po’ convenzionale, con protagonisti il prefetto Marco Fulvio Germanico e il medicus Gaio Vibio, fa infatti da contraltare la scelta di uno spunto assai suggestivo, alimentato da un mistero che si dipana lentamente, sempre sulla scorta di cenni a vere credenze del mondo antico.

E se in ambito erudito, dove sul tema sono stati versati i proverbiali fiumi d’inchiostro, qualcuno potrà forse storcere il naso al suo impiego in campo narrativo, per gli appassionati di romanzi storici “standard” è invece accattivante essere immersi in uno scenario dove i Romani non sono i soliti marmittoni fissati con le manovre a testuggine, ma un popolo capace addirittura di portare avanti veri e propri conflitti soprannaturali.

Unico appunto, la copertina: davvero non c’erano a disposizione immagini più adatte? Nella lotta per accalappiare i pochi lettori rimasti, sedurli con una bella grafica è aver fatto metà del lavoro, e non si può non tenerne conto. In ogni caso, nulla che possa spaventare i patiti della gloria imperiale: se dopo aver riposto sullo scaffale Manfredi, Genovesi e Frediani, avete ancora fame di avventure marcate S.P.Q.R. – e non temete qualche occasionale puntatina nell’horror – “Il nome segreto di Roma” può decisamente fare al caso vostro!