Gli “Anni più belli”, piccole storie raccontano la grande storia

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ilgiornale.it

Arriva in sala alla vigilia di San Valentino il nuovo film di Gabriele Muccino, con 01 Distribution, Gli anni più belli, un viaggio che racconta 40 anni di amicizia sullo sfondo dei cambiamenti che hanno segnato il nostro Paese.  Quarant’anni di storia, quelli che vanno dai primi anni ’80 ai giorni nostri, ripercorsi insieme a Paolo, Riccardo, Giulio e Gemma, attraverso sogni, amori, delusioni e tradimenti. E’ il tempo a cambiarli, a deluderli, ad infrangere i loro ideali giovanili, ma anche a farli ritrovare, riportandoli a brindare “alle cose che ci fanno stare bene”, proprio come avevano fatto sull’onda di un entusiasmo febbrile quarant’anni prima.

Gli anni più belli è il racconto di una generazione, quella di cui fa parte lo stesso Muccino che – a parte il dichiarato omaggio a C’eravamo tanto amati di Ettore Scola e al cinema dei “padri”, quello di Risi, Zavattini e Fellini, – parla del suo tempo e del suo vissuto.

Nel racconto mucciniano c’è Giulio (Pierfrancesco Favino), figlio di un meccanico violento con una vita grama in un seminterrato di modeste dimensioni. E’ un ragazzo animato dal desiderio di riuscire nella vita e spaventato dal fare la fine di suo padre; diventa avvocato d’ufficio per difendere gli “ultimi”, ma lo spettro della povertà lo rende debole e corruttibile e l’odore del denaro e del lusso di cui trasuda Margherita Angelucci, figlia dell’Onorevole ex Ministro della Salute, gli fa abbandonare tutto per passare dall’altra parte della barricata, rinnegando se stesso e i suoi ideali. C’è Riccardo (Claudio Santamaria), figlio di una famiglia di hippyes – che tutti chiamano “sopravvissuto”, per aver scampato la morte dopo esser stato colpito da una pallottola volante in una manifestazione politica coda degli anni di piombo, nella quale si era ritrovato per errore. Senza un disegno preciso tenta molte strade senza portarne a termine una, è un buono senza talento che colleziona fallimenti – tra cui il matrimonio con Anna (Emma Marrone) – e che dopo molti anni si reinventa produttore di olio nella casa di campagna dei genitori. C’è Paolo (Kim Rossi Stuart), orfano di padre molto legato alla mamma, un animo sensibile, animato dalla passione per la letteratura e per gli uccelli, forse il personaggio più compiuto. Non ha ambizioni alte, ma desideri semplici e onesti. E’ un idealista e tale rimarrà.  Dopo anni di precariato, diventa Professore di Lettere, Latino e Greco al Liceo Ennio Quirino Visconti. A 16 anni si innamora di Gemma (Micaela Ramazzotti) e l’ama per tutta la vita. Infine c’è Gemma, una ragazza sola e senza punti di riferimento che proprio per questa sua vulnerabilità colleziona scelte sbagliate e infinite delusioni. Fino a tornare al suo primo – e forse unico – amore.

Sullo sfondo c’è la “grande storia”, il racconto di quegli anni, dalla Caduta del Muro di Berlino, a Mani Pulite, dall’11 settembre al Governo Berlusconi fino all’illusione politica del “Movimento del Cambiamento”. 

Stante le oltre due ore di durata, Muccino non annoia mai, passando il testimone da un personaggio all’altro nel racconto di quella grande staffetta chiamata vita.

E anche se ciascuno alla fine ha trovato un proprio equilibrio – certamente lontano da quello che aveva immaginato in quegli “anni più belli” di entusiasmo giovanile, il film lascia una nota amara e malinconica.

Muccino ripropone ancora una volta un racconto corale con attori di indiscussa bravura anche se, diversamente dalle sue opere precedenti, lo fa attraverso personaggi più popolari e più autentici in cui – chi ha vissuto quegli anni – potrà certamente ritrovarsi.