Macché bohémien, Modigliani fu un genio del ‘900

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Amedeo Modigliani (Livorno,1884 - Paris, 1920), Jeune fille rousse (Jeanne Hébuterne), 1918,

Uno stile inconfondibile. Colli lunghi e sottili.  Occhi liquidi di colore. Bocche piccole e rosse. Tinte pastello chiaro e scure. Linee sinuose, liberty, avvolgenti che creano figure, tutto un mondo. Dipinto, ma anche e forse soprattutto scolpito con forme sottili e primitive. Inconfondibile, appunto.

Eppure Amedeo Modigliani è stato uno degli artisti più falsificati. Secondo solo a Vermeer. Come dimostrano i falsi che girano e le mostre, che finiscono col creare “vere”, a forza di esporle, opere del tutto false, che solo pochi intenditori-ormai ridotti all’osso-riconoscono. Il pubblico è spesso ingannato.  Livorno, la città natale del grande Modì, ha deciso di mettere fine a tutto questo. O perlomeno lo spera.

Una grande e importante mostra ha aperto i suoi battenti ieri 7 novembre nel Museo della Città (sino al 16 febbraio 2020, catalogo Sillabe) a cento anni dalla morte dell’artista avvenuta a Parigi il 24 gennaio 1920 a quasi trentasei anni.

Curata da Marc Restellini, storico dell’arte, Fondatore della Pinacothèque de Paris e conoscitore del livornese, si intitola “Modigliani e l’avventura di Montparnasse. Capolavori dalle collezioni Netter e Alexandre”.

Presenta 14 dipinti e 12 disegni di Modigliani, raramente esposti al pubblico appartenuti ai due collezionisti più importanti, che hanno sostenuto l’artista nella sua difficile esistenza, Paul Alexandre e Jonas Netter.

Insieme alle opere di Modigliani sono esposti altri cento capolavori della straordinaria École de Paris, collezionati da Jonas Netter a partire dal 1915. Nomi celebri, come Chaїm Soutine, Maurice Utrillo, André Derain, Suzanne Valadon, Jeanne Hébuterne, Moїse Kisling e molti altri.

A Livorno la mostra-verità su Amedeo Modigliani
Suzanne Valadon (Bessines, 1865 − Paris, 1938), Trois nus à la campagne, 1909, olio su cartone, 61 x 50 cm, collezione Jonas Netter

Quali gli intenti della mostra? Riportare “a casa” l’artista livornese e sottolinearne l’italianità. Liberarlo dalla “leggenda” del bohémien, che muore giovane per droga, alcol, malattia, nel bel mezzo di una vita portentosa e dissipata. Una morte accompagnata dal suicidio a soli ventidue anni della compagna Jeanne Hébuterne al nono mese di gravidanza della seconda bambina.

Una leggenda dura a morire, come dice Marc Restellini: «Com’è difficile, ancora oggi, ripristinare la realtà del personaggio e la verità storica dei fatti di quella tragedia!». E aggiunge: «La realtà che questo centenario deve ristabilire è quella in cui viene restituito a Modigliani il posto che gli spetta, uno dei geni del secolo, pittore, scultore d’avanguardia e inventore di forme primitive».

Aveva già tentato di farlo la figlia di Modigliani, Jeanne, con un libro nel 1958, Modigliani senza leggenda, senza riuscirci. Non solo dunque ripulire l’artista dai falsi, ma anche ricostruirne la personalità artistica, con tutte le sue declinazioni, simboliste, espressioniste, fauve e persino surrealiste alla Chagall. La sua cultura, profondamente italiana, rivisitata in chiave moderna, la sua genialità e originalità in parallelo a Picasso, Matisse, Chagall, Brancusi e tanti altri grandi.

Laraccontano le sue delicate bambine (Bambina in blu, 1918, Collezione Jonas Netter),  i suoi nudi di donna, unici nella loro spettacolarità e carnalità. I ritratti degli amici e le sculture irripetibili nonostante i mille tentativi di inquinarle e riprodurle.