Lucca, Bellotto e quel misterioso committente…

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Bernardo Bellotto, Piazza San Martino con la cattedrale, Lucca, 1740, olio su tela, 50,8 x 72 cm, York, City Art Gallery

Vedere una città con gli occhi di un artista del Settecento. Un artista che a soli diciotto anni (e non venti, come si credeva) riesce a trasmetterti luoghi ed emozioni, saltando quasi tre secoli. Piazza San Martino con la cattedrale di Lucca porta dentro la città settecentesca, con la sua luce argentata, la sua struttura simile all’attuale, ma con mille dettagli diversi: la chiesa con le sue arcate e archetti, le case, la bottega, il pozzo, un cavallo che si abbevera, una carrozza, le persone smilze, con lunghi abiti e cappelli, le pietre sparse sulla terra battuta.  La vita di allora ritratta con realismo, poesia e qualità.

Si tratta di un capolavoro del giovane Bernardo Bellotto (Venezia, 1722-Varsavia,1780), che ora sappiamo databile con certezza nell’autunno del 1740. L’opera, giunta dal City Museum of Art di York, è esposta sino al 6 gennaio alla Fondazione Ragghianti di Lucca in una delle più belle mostre di questi ultimi anni. Piccola, preziosa, raffinata, la rassegna riunisce opere difficilmente prestabili del diciottenne Bernardo Bellotto, nipote del celebre zio Giovan Antonio Canal detto Canaletto (Venezia, 1697-1768), nel suo primo viaggio in Toscana nella primavera-autunno del 1740. Si intitola “Bernardo Bellotto 1740. Viaggio in Toscana” (12 ottobre 2019-6 gennaio 2020, catalogo Silvana Editoriale) ed è curata da Bozena Anna Kowalczyk, una delle maggiori conoscitrici dei due artisti veneziani.

Insieme al dipinto sono giunti cinque disegni di diversi luoghi intorno alla cattedrale di Lucca e alla chiesa di Santa Maria Forisportam, concessi dalla British Library di Londra, già di proprietà del re Giorgio III di Inghilterra e poi di Giorgio IV e per la prima volta staccati da un album ottocentesco (grande onore per Lucca).

Ma non solo Lucca. C’è anche un gruppo di vedute di Firenze, prima tappa del viaggio in Toscana, altrettanto affascinanti con le case riprese in ogni portoncino, finestra, tetto e tegola, luccicanti sotto il sole, con timbri sfumati scuri, verdi, azzurri, atmosferici (Piazza della Signoria. Firenze e L’Arno da Ponte Vecchio a Santa Trinita e alla Carraia. Firenze, entrambe del 1740, giunte da Budapest) ed altre realizzate nel 1743-1744. Bellissime, sono anche straordinaria memoria. Ci sono poi opere di artisti che hanno seguito Bellotto nel corso del ‘700-‘800 e un gruppo di fotografie degli stessi luoghi di autori contemporanei, che parteciperanno al Photolux Festival di Lucca del prossimo novembre.

Il dipinto con Piazza San Martino costituisce un unicum. Nessuno aveva sino allora immortalato Lucca e i suoi monumenti, città fuori dal Grand Tour. Solo Giuseppe Civitali aveva disegnato a inchiostro di seppia su carta nel 1570 la Cattedrale e la piazza, visti da un’altra prospettiva, in un Martilogio, adesso esposto ed utile per i confronti.

Quanto a prospettive Bellotto, pieno di energie giovanili, non bada a fatiche, Si arrampica sulle case circostanze e riprende San Martino da ogni angolo. «É un giovane innovativo, all’avanguardia, descrive la cattedrale e la sua struttura ricercando quattro punti di vista diversi, si muove liberamente tra le stanze dell’arcivescovado, sale persino sul tetto, accede al piano nobile del palazzo Bernardi e s’affaccia alla finestra della chiesa di San Giuseppe», spiega con entusiasmo la curatrice.

“Bernardo Bellotto 1740. Viaggio in Toscana” alla Fondazione Ragghianti di Lucca in una delle più belle mostre di questi ultimi anni
Bernardo Bellotto, Piazza San Martino con la cattedrale, Lucca, 1740 penna e inchiostro bruno, 25,3 x 36,8 cm Londra, British Library

Molto bravo, promettente, ma anche privilegiato Bellotto. Giunto in Toscana protetto e curato dai maggiori collezionisti e intellettuali del momento. L’occasione della mostra ha permesso di scovare negli archivi di Venezia, Lucca, Firenze, lettere, ricevute di pagamento, carteggi. Documenti nuovi che illuminano sulla cronologia delle opere toscane, anticipata di due anni, non 1742, come si credeva, ma 1740, primavera -autunno. Non solo, ma permette di far luce sulla committenza, scoprendo rapporti tra il marchese fiorentino Andrea Gerini (I691-1766) mecenate e collezionista e il noto esperto -antiquario veneziano Anton Maria Zanetti, suo amico e consigliere. L’idea brillante dei due è di dare vita ad un vedutismo fiorentino affidandolo alla pittura moderna di Canaletto, attraverso suo nipote Bernardo Bellotto. Quest’ultimo, cresciuto nella bottega dello zio, aveva rigore prospettico, realismo, capacità di resa atmosferica personali, sperimentati in Toscana, prima tappa di una carriera che lo porterà in tutta Europa.

Manca solo un anello alla catena: chi era il misterioso committente lucchese in contatto con Gerini e Zanetti, che aveva richiesto le vedute di Lucca? Forse un nobile di cultura europea come Francesco Conti, nipote di Stefano, celebre collezionista di Canaletto e Carlevarijs? Se lo chiede la curatrice, che si risponde sicura «lo troveremo».