Pacifico: “Quella telefonata ha cambiato la mia vita…”

0

Luigi De Crescenzo, meglio noto come Pacifico. 55 anni, cantautore, autore, paroliere tra i più apprezzati in Italia racconta a OFF la sua storia e il suo nuovissimo lavoro…

Sei tornato con un nuovo progetto dopo 7 anni dall’ultimo disco. Cosa significa “Bastasse il cielo” per te?

E’ il disco che trovo più simile al mio primo. Immaginavo di fare dischi a tema, a concetto, e poi a metà perdevo la motivazione. Così ho lasciato andare ambizioni e aspettative – le mie aspettative intendo, le peggiori.  E le canzoni sono arrivate naturali, senza pesi addosso. Sono molto legato al disco anche perché è una testimonianza forte e tangibile di amicizia. Mentre faticavo a trovare il tempo e la concentrazione per un nuovo disco a Parigi, dove vivo, il mio amico e produttore del disco Alberto Fabris mi ha raggiunto, ha ascoltato gli spunti e mi ha incoraggiato. Ma non solo, ha preso le mie registrazioni e le ha mandate a musicisti straordinari in giro per il mondo, musicisti dal curriculum impressionante con cui è in contatto. E tutti questi si sono messi al lavoro e hanno completato il disco. Che è quindi pieno di musica non mia, che sono al centro di un’ Orchestra Involontaria e Sparpagliata.


Vivi ormai da diversi anni a Parigi. Cosa ti ha portato nella capitale francese? Ti manca l’Italia?

Ho incontrato la mia compagna, che è italiana ma vive da vent’anni a Parigi, e l’ho seguita. Sono sempre in Italia per lavoro, ogni mese, quindi non può mancarmi l’Italia continuando a viverla così spesso.


Hai collaborato con i più grandi artisti italiani e non solo. Quale collaborazione ricordi con più piacere tra le tante?

Con Gianna Nannini, Samuele Bersani e Malika Ayane si è consolidata un’amicizia, gli interessi di lavoro e quelli personali sono in armonia. Parliamo tanto di canzoni quanto di pene d’amore o di traslochi, materiale tra l’altro ottimo per le canzoni. Ma con tutti ho dato e preso molto, dai più noti agli sconosciuti. È sempre una fortuna incontrare e collaborare con dei talenti.


Raccontaci della tua vita prima della musica e degli inizi della tua carriera. Hai iniziato tardi a scrivere canzoni…

Ho sempre suonato, pianoforte e chitarra, a orecchio e intuito. Mai cantato, sussurravo per timidezza, perché non mi si sentisse dalla cameretta. Ho sempre composto musica, ma il primo testo l’ho scritto improvvisamente a 37 anni, senza prove, senza scalini intermedi. Credo che dalla scrittura e dalla voce – che sono due mezzi attraverso i quali si dice agli altri chi si è, ci si svela – mi abbia tenuto lontano la timidezza. E anche una mia tendenza a giocare da regista, da ascoltatore, caratteristica che credo poi mi aiuti nella mia qualità di autore.

Che consiglio daresti a un giovane cantautore che vorrebbe vivere di musica ma ha “paura” di osare…?

So per esperienza che chi vuole fare questo mestiere non segue consigli. È tardi e sei patetico, è presto e sei acerbo, sei troppo ritroso, sei presuntuoso… è una spinta e non si resiste. A scrivere, a cantare, a mettersi una camicia sgargiante, a esibire baffi e pizzetto, tacchi vertiginosi o piedi nudi. Io l’unica cosa che so relativamente alla scrittura è che scrivo tantissimo, sempre. Mi chiudo nella scrittura, entro in un luogo che cerco di mantenere purificato, sforzandomi soprattutto di non farci entrare i giudizi e i condizionamenti degli altri.


Come nasce in te l’ispirazione per una canzone?

Scrivo in continuazione. Quando non scrivo per qualche giorno, parlo e penso peggio. E’ come un allenamento, scrivo tanto perché mi sembra di comprendere meglio. In quello stato di maggiore comprensione e chiarezza aspetto un’intuizione, che in genere scaturisce da un’emozione. Questa può arrivare da un passaggio capitale dell’esistenza – innamoramenti, viaggi, lutti – ma anche da cose minuscole. La cosa bella della scrittura, è che le cose che ti stanno sempre intorno improvvisamente le vedi, e sai spiegarle.


Ci racconti un episodio OFF della tua carriera?

Avevo 38 anni, disoccupato, fuori da quasi ogni possibilità di impiego. Stavo per imbarcarmi su una nave da crociera come bassista della band residente. E soffro il mal di mare. Avevo scritto delle canzoni e decisi di mandarle al premio Recanati, dove in Giuria c’era Samuele Bersani. Samuele ha amato “Le mie parole”, una delle canzoni, tanto da farsi dare il mio numero e chiamarmi. Era una giornata calda e io ero appena uscito da un supermercato con le buste piene di surgelati. Ricevo la telefonate, non credo sia lui, lui mi dà il numero di casa, richiamo. Insomma, era lui. Ha inciso poi anche “Le mie parole”, e da lì abbiamo fatto molte cose insieme, ancora adesso. Ma tra diffidenza e telefonate, il tutto è durato abbastanza da far sciogliere i surgelati, che poi, con un gran sorriso in faccia, ho in gran parte gettato nella spazzatura.


Hai scritto con Bungaro un brano straordinario per Ornella Vanoni, portato poi da voi tre sul palco di Sanremo 2018. Che emozioni conservi dell’Ariston?

Un ricordo straordinario. Di grande divertimento e emozione. Anche perché ero al centro di una bella canzone, con artisti dediti e importanti.

Il 30 settembre partecipa con noi alla Festa della rivoluzione Dannunziana

Vi aspettiamo. Qui il link per poter acquistare i biglietti

Lunedì 30 settembre al Teatro Manzoni di Milano andrà in scena lo spettacolo 1919 Fiume – Città d’Arte e di Vita