Se pensiamo alla letteratura dell’orrore, alla nostra mente balzano immediatamente i nomi di H.P. Lovecraft, Robert Bloch, Richard Matheson, Stephen King, Ramsey Campbell e Clive Barker. Ma, a ben vedere, anche in Italia vi sono autori valenti che contribuiscono a diffondere l’horror non solo nel nostro Paese, ma anche nel resto del globo. Tra essi merita una particolare menzione Alessandro Manzetti, il quale è riuscito nella titanica impresa di vincere il Bram Stoker Award, premio internazionale assegnato al miglior scrittore al mondo di orrore. L’Autore romano, che ha al suo attivo numerose pubblicazioni nazionali e straniere, svolge anche l’attività di traduttore e nel 2015 ha fondato l’Independent Legions, casa editrice specializzata nella narrativa horror, dark fantasy e thriller. Vediamo di conoscerlo meglio.
Quando è nato il tuo amore per l’horror?
Ho iniziato a leggere e appassionarmi alla letteratura horror abbastanza giovane, a sedici anni sono rimasto folgorato dai racconti di Lovecraft; ricordo ancora il primo che lessi, ormai quasi trentacinque anni fa: Lo Strano Caso di Charles Dexter Ward. Da allora in avanti ho continuato a divorare libri di genere, sia in italiano che in inglese, passando presto dai classici e dalla letteratura gotica alla narrativa moderna e contemporanea, decisamente più stimolante. E pensare che proprio in questi giorni sto traducendo per un editore diversi racconti di H.P. Lovecraft per un editore italiano, che saranno pubblicati, in edizione speciale a cofanetto, a fine anno. Un ritorno al passato.
Come hai cominciato la tua carriera di scrittore?
Ho iniziato piuttosto tardi a scrivere, nel 2012, in precedenza avevo lavorato diversi anni come editor, mettendo lo zampino su molte opere dei migliori interpreti italiani di genere.
La prima opera che ho scritto, fortemente spinto da Sergio Altieri, col quale all’epoca collaboravo su diversi progetti di editing, è stato un romanzo, Naraka, che ebbe un certo successo, oltre le più rosee aspettative. Ancora oggi è una delle mie opere più apprezzate, anche all’estero, visto che è stato poi pubblicato con un certo successo anche in lingua inglese. Iniziare da un romanzo è stata una bella sfida, come sempre non prendo mai la strada più facile, come autore.
Come hai reagito alla vittoria del Bram Stoker Award?
Ero presente alla cerimonia di premiazione, nel 2016 a Las Vegas, nella splendida cornice dello storico Casinò Flamingo, e già la nomination per me (all’epoca la seconda) era una grande vittoria, e non mi aspettavo di più. Avevo preparato lo speech di ringraziamento solo all’ultimo minuto, su insistenza di mia moglie, perché non credevo possibile un’affermazione del genere.
Quando sono stato chiamato sul palco per ricevere il premio, sono rimasto sorpreso; è stato davvero emozionante, avevo davanti una bellissima platea con centinaia di persone, tra cui grandissimi autori di genere. Un ricordo che resta ancora vivissimo dentro di me, sono davvero orgoglioso di aver portato in Italia il primo Bram Stoker Award e aver aperto la strada, potenzialmente, ad altri autori del nostro paese. Ma anche le sette nomination che ho ricevuto per questo prestigioso premio, in varie categorie ed edizioni, rappresentano tutte qualcosa di importante, per me.
Le tue opere sono difficilmente catalogabili in quanto fondono orrore, fantascienza e critica sociale. Puoi parlarci del tuo stile narrativo?
Vero, tutte le mie opere non sono etichettabili, fondono insieme generi diversi. Ma come mi disse una volta Ramsey Campbell, raccontandomi un aneddoto sulle sue letture giovanili in biblioteca, le etichette non fanno un buon mestiere, spesso deviano i lettori.
Proprio qui in Italia si abusa molto di questa catalogazione di generi e sottogeneri. Il mio stile, che è molto diverso rispetto a quello di altri autori di genere, è figlio di una formazione che non è affatto legata all’horror o al fantastico, ma alla narrativa moderna mainstream di grandi maestri del Novecento, specie americani.
Di conseguenza, struttura narrativa, linguaggio, approccio (e anche temi sviluppati) risultano molto caratteristici nell’ambito horror, e distinguibili.
Credo sia facile, per i forti lettori non di genere, risalire alle fonti che hanno ispirato la mia scrittura, e a quello che ho cercato di aggiungere per elaborare le chiavi dell’universo narrativo comune condiviso da tutte le mie opere.
Per quale motivo hai deciso di costituire una casa editrice?
La scelta originariamente deriva dalla mia estrazione professionale; sono nato come editor, e dunque lavorare sui testi di altri autori, per valorizzarne il lavoro, è nel mio DNA.
Ma è stato anche determinante il fatto che, volendo lavorare esclusivamente nell’editoria, all’attività autoriale è stato necessario affiancarne altre, come quella di editore, editor, curatore e traduttore.
In particolare, guidare una casa editrice di stampo internazionale come Independent Legions è una opportunità professionale che offre una certa continuità, anche se lo start-up è stato durissimo e ha richiesto notevoli investimenti.
Affiancando dunque varie attività editoriali, che includono anche consulenze per altri editori, specie nel campo dei diritti esteri e scouting di opere internazionali, col tempo mi è stato possibile dedicarmi solo all’editoria, che per me non rappresenta un hobby o un’attività della domenica, ma il mio unico lavoro e fonte di reddito.
Sono uno dei fortunati che è riuscito, attraverso moltissime difficoltà a sacrifici, a raggiungere l’obiettivo di concentrarsi sulle proprie passioni e trasformale in un’attività professionale vera e propria. Ma è un percorso davvero arduo, non so se consigliarlo.
Quali sono le collane e i generi dell’Independent Legions?
Independent Legions è dedicata principalmente alla narrativa horror, weird e dark-fantasy di autori anglosassoni (eccetto poche eccezioni che riguardano autori italiani), le cui opere vengono pubblicate sia in italiano che in inglese, tramite però due diversi cataloghi, studiati per i mercati di riferimento, che sono estremamente diversi.
Alla narrativa abbiamo poi aggiunto anche alcuni titoli di saggistica di genere, e recentemente abbiamo iniziato anche ad approcciare il mondo delle graphic novel.
Le attuali collane sono cinque: Black Spring (horror tradizionale e dark fantasy), Necros (splatterpunk, weird e hardcore-horror), Blade (thriller/horror e slasher), Descent (saggistica) e High Voltage (graphic novel).
Ma, come detto in precedenza, visto che crediamo poco alle catalogazioni e, specie per la narrativa, non vogliamo che le scelte del lettore siano guidate troppo da etichette che hanno un senso relativo, non diamo molta evidenza e importanza alle nostre collane.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Come autore, per i progetti in corso, ho appena pubblicato un nuovo romanzo in italiano, dal titolo Nuova Sodoma (come sempre una miscela di generi), che sarà pubblicato in inglese il prossimo anno, da Necro Publications, col titolo New Sodom, e come dicevo sto traducendo otto racconti di H.P. Lovecraft per un editore italiano.
Quest’anno ho poi in uscita altre due opere in inglese, la raccolta di racconti The Radioactive Bride (in uscita a fine anno per l’editore statunitense Necro Publications) e The Keeper of Chernobyl, l’edizione americana del mio breve romanzo dark-thriller Il Custode di Chernobyl (in uscita a fine anno per l’editore statunitense Omnium Gatherum).
Per i prossimi progetti che mi vedranno impegnato, ho in programma le traduzioni del romanzo The Shaft di David J. Schow e del saggio autobiografico Guilty but Insane di Poppy Z. Brite. mentre come autore a inizio 2020 inizierò a lavorare a una novella e una raccolta di poesie dark, entrambe per pubblicazione solo in lingua inglese.
Tra i progetti futuri, oltre a diverse traduzioni di opere di grandi maestri di genere (tra i quali romanzi di Richard Laymon e Edward Lee), e lavorare per un editore italiano a un saggio sull’horror moderno e contemporaneo internazionale, ho in mente di scrivere un romanzo mainstream, uscendo per una volta dal genere fantastico, e poi mettermi al lavoro sul sequel di Nuova Sodoma e, nel contempo, a una novella horror a quattro mani con l’amico Paolo Di Orazio, da pubblicare sia in italiano che inglese, un progetto che abbiamo in mente da tempo.
Vorrei anche curare, come editor, la mia quarta antologia di racconti in lingua inglese. Ma ci vorrà tempo per tutti questi nuovi progetti, ho tante pubblicazioni in corso, sia in italiano che in inglese, alle quali si affiancano come sempre anche le molteplici attività di editore.
È possibile coniugare qualità e profitto nell’editoria italiana?
Purtroppo sul mercato italiano è molto difficile, se non impossibile, coniugare le due cose.
La nicchia dei generi horror e dark fantasy, quella di cui ho esperienza, ha un’audience molto ridotta, in termini di lettori e appassionati, e per raggiungere obiettivi di vendita di livello, sempre proporzionati al nostro piccolo mercato, si è costretti a offrire qualcosa che accontenti tanti gusti differenti e aspettative di qualità e di contenuto ‘letterario’ non troppo elevati, come fanno diversi autori nostrani, proponendo opere commerciali e di approssimativa qualità, un cliché produttivo che ha portato l’horror italiano a una situazione di proposte stantie, di basso profilo, e di non competitività con il mercato internazionale. Ma la cosa non riguarda solo il genere horror, basta vedere la qualità dei titoli di successo nelle classifiche di vendita delle nostre librerie.
L’altra strada per un autore è quella di seguire una via più importante e ambiziosa, investendo sulla qualità (quando è supportata dal talento e dallo studio) e sui contenuti, non sul mero e facile intrattenimento, ma in questo caso i risultati non sono mai all’altezza delle aspettative.
Molti lettori di genere qui in Italia, eccetto i forti lettori e storici appassionati, mettendo da parte i kinghiani che non leggono altro, preferiscono contenuti immediati e semplici, farciti di clichè, scritti con strutture narrative e linguaggi ormai obsolete da più di cinquant’anni, come se la narrativa del Novecento (non parlo di quella di genere) non fosse mai esistita.
Ma per spiegare questo fenomeno, molto marcato tra i lettori di genere horror, si dovrebbe allargare il discorso alla formazione scolastica delle nostre scuole, e a programmi di studi ‘ottocenteschi’ che sfornano lettori di un certo tipo, eccetto quelli, la minoranza, che approfondiscono la letteratura in modo fortemente indipendente (non solo dedicandosi a quella di genere), aprendo gli occhi sulla grande narrativa moderna e contemporanea.
Come autore non mi interessa ‘accontentare’ il mercato e la massa dei lettori, tantomeno assecondare editori ed editor che chiedono espressamente ‘qualcosa di facile’ da vendere più facilmente; seguo la mia strada e punto tutto sull’alta qualità, nonostante il genere del quale mi occupo. Ciò che il nostro mercato non è in grado di assorbire, lo bilancio con le pubblicazioni in lingua inglese.