La Bellezza è “Nella mente di chi guarda”

0
Carla Iacono, Revelations, dettaglio - fonte @nellamentedichiguarda pagina ufficiale

La bellezza è nell’occhio di chi guarda. Adagio popolare che, mutatis mutandis, si addice alla “memoria, dignità e identità del quotidiano”, come recito il sottotitolo della collettiva “Nella mente di chi guarda”, inaugurata la sera del 13 settembre 2019 nella Chiesa di San Giovanni Battista a Modena in occasione del Festival della Filosofia, a cura di Marco Coltellacci, Laura Solieri e Alessandro Mescoli.

18 artisti (Massimiliano Galliani, Andrea Chiesi, Elysia Athanatos, Andrea Capucci, Collettivo Zoom Weg, Karin Dolin, Simone Fazio, Luca Freschi, Michelangelo Galliani, Omar Galliani, Barbara Giorgis, Carla Iacono, Matteo Lucca, Juan Eugenio Ochoa, Sergio Padovani, Federica Poletti, Marika Ricchi, Andreas Senoner, Serena Zanardi) più il collettivo Zoomweg (Virginia Argentero, Elisa Florian, Giorgia Minoli), giovani promesse insieme ad artisti consolidati (Omar Galliani) in dialogo con la vetustà e la rispettabilità delle eccellenze artistiche all’interno della chiesa (Il compianto sul Cristo morto di Guido Mazzoni, il Mosè del Guercino, Maddalena in meditazione col crocifisso nelle mani di Lorenzo Pasinelli e Madonna con bambini di Giovanni Giacomo Sementi) per un “racconto dell’umano, tra religione e storie quotidiane”: come l’installazione sonora di Zoomweg, voci di homeless che promanano da un confessionale e in altre due ubicazioni “strategiche” all’interno della chiesa e il dipinto Tentazione di San Girolamo di Sergio Padovani che, come per il gruppo scultoreo del 400 del Mazzoni, denota sì la condizione annichilente del martirio, ma alla luce di una conquista.

A Modena nell’ambito del Festival Filosofia inaugura la mostra Nella mente di chi guarda presso la Chiesa di San Giovanni Battista
ZOOMWeg, Per sonar- Nella mente di chi guarda, Chiesa San Giovanni Battista · Modena, pagina ufficiale @ZOOMWeg

Perché, come scrive Ilaria Dall’Olio nel testo a catalogo della mostra, la morte non è sacrificio, quando il dono gratuito della propria vita non è che l’amore del prossimo.

Pochi anni fa un Imam aveva definito il Cristo sulla croce “un cadaverino”: ma la tradizione speculativa secolare che va da Sant’Agostino e giunge a Kierkegaard passando per la Scolastica vede invece in quel crocifisso non la dimensione sacrificale, bensì quell’Amore spirituale generativo che è poi il “metatesto” di questa mostra, quando proprio a partire dal compianto sul Cristo morto apre “una riflessione sull’umano che approda alla civiltà occidentale, da esplorare attraverso l’indagine artistica del corpo, oscillante tra io e noi, tra l’esplorazione del sé e la creazione di un ponte verso il prossimo”. Oltre alle opere già citate, val la pena ricordare le sculture di pane (pane vero) di Matteo Lucca e in marmo di Carrara di Michelangelo Galliani (L’assedio), figlio di cotanto padre (presente anch’egli con uno dei suoi volti, intitolato Blu oltremare) insieme al secondo illustre discendente Massimiliano, che presenta invece un’opera su carta, Attraverso, che ricorda tanto Francesca Woodman.

Una mostra da vedere, perché quando ci chiediamo cosa voglia dire la parola “persona” ancora una volta vengono in nostro soccorso l’arte visiva, che risponde con altrettante domande alle molteplici domande in risposta alla domanda filosofica per eccellenza: cos’è una persona?