Rocco Hunt: basta pop, torno al rap

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Rocco Hunt: basta pop, torno al rap
Rocco Hunt Ph Riccardo Ambrosio

E’ un bel periodo, che arriva dopo tanti sacrifici e momenti duri”. Dopo settimane intese, Rocco Hunt si gode finalmente il successo ritrovato. “Libertà”, l’album uscito a quattro anni di distanza dal precedente, è subito balzato in cima alla classifica dei dischi più venduti. “E’ stata una bella emozione tornare al primo posto” commenta il rapper salernitano fattosi conoscere sul palco dell’Ariston nel 2014, quando cantando “È nu juorno buono” portava per la prima volta sul gradino più alto di Sanremo Giovani un brano rap. Il cantante campano è dunque salito di nuovo da trionfatore sul ring dell’urban sound italiano. E l’annunciato ritiro dalle scene che a metà luglio aveva suscitato tanto clamore è ormai acqua passata. “Ho troppe pressioni e forse è arrivato il momento di mollare tutto e darla vinta a tutte le persone che vorrebbero la fine della mia musica” scriveva Rocco sul suo profilo Instagram. Le sue parole avevano gettato i fan nello sconforto. E anche tanti colleghi lo avevano esortato ad un ripensamento.

Hai già chiarito che il tuo post sui social è stato travisato, ma ti va di spiegare meglio cos’è successo?

Non ho mai pensato di voler mollare tutto, è stato soltanto un periodo molto duro. Quella settimana era piena di stress e ho sfogato tutto con molta maturità in un post senza pensare che la mia considerazione venisse riportata e ripresa seriamente da tutti i giornali. Non ho mai voluto lasciare la musica, ma quello era uno sfogo necessario per poter garantire l’uscita dell’album senza farla rinviare altre volte. La musica per me è fondamentale.

Quanto è difficile preservare la libertà artistica?

Tanto. Ma ai nostri giorni è più facile, c’è molta più meritocrazia. Una persona non ha più bisogno di fare certe cose per far arrivare la sua musica in giro. Io credo che la musica sia personale e preservo la mia libertà di cantare e rappare in tutte le maniere possibili, soprattutto nella mia lingua, il napoletano.

Contaminazione napoletana e ritorno al rap caratterizzano questo nuovo lavoro.

Sì, questo album sancisce sicuramente il mio ritorno alla musica urban ed al rap, mentre gli scorsi lavori tendevano al pop. Ora voglio tornare a riprendermi ciò che era mio.

La tua musica è anche connotata dalla schiettezza, dall’impegno e da una vena di malinconia.

E’ così, in questo album c’è una patina di malinconia di fondo. Si parla di un amore difficile, incompreso. E poi nei pezzi di denuncia lancio delle frecciatine al sistema come al mio solito, con schiettezza e sincerità. Ed è questa la mia forza, ciò che mi ha reso un poeta urbano.

Parti appunto dalla strada: cosa ricordi dei tuoi inizi?

Ricordo il freestyle fatto con gli amici. E ricordo il rap visto come una passione, uno sfogo, una distrazione per non fare cose brutte in strada. Mi teneva impegnato mentre altri miei coetanei sceglievano un percorso più tortuoso.

Relativamente ai tuoi esordi c’è un episodio off che ti va di condividere?

Agli inizi facevo il pescivendolo nella pescheria di mio zio. Con i guadagni di questo lavoro riuscivo a produrmi i miei primi video. Il primo video ha avuto un grandissimo successo al punto che fortunatamente mi ha permesso di dedicarmi qualche mese dopo solamente alla musica.

Gli ultimi anni per te sono stati importanti a livello personale poiché sei diventato papà. Quali insegnamenti darai a tuo figlio?

Mio figlio ha solo due anni e adesso non posso ancora parlargli e spiegargli il senso della vita. Però sicuramente sarò un genitore moderno, lo guiderò affinché non commetta gli sbagli che ho fatto io e gli permetterò di intraprendere liberamente il proprio percorso.

Quando dici “gli sbagli che ho fatto io” ti riferisci a qualcosa in particolare?

No, mi riferisco in generale agli sbagli della vita. Nessuno di noi è perfetto e c’è sempre qualcosa che avremmo potuto fare meglio.

Adesso cosa ti attende?

Voglio che la gente torni a cantare con me, perciò il 2020 vedrà il mio ritorno ai live.