Pierluigi Diaco: “Quella minestrina a casa di Enzo Biagi…”

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Pierluigi Diaco

Il Diaco furioso. L’altro ieri Pierluigi Diaco a “Io e Te” ha sbottato per il gesto ….sconsiderato di una delle due ospiti in studio. Argomento della puntata, l’uso dei cellulari. Ospiti: Vira Carbone e Patrizia Rossetti. All’improvviso squilla il cellulare della Carbone e Diaco si raggela, iniziando a fulminarla con lo sguardo senza proferire parola. Lei si scusa: “E’ la sveglia. L’ho portato in studio per fare una gag spiritosa con te con il cellulare”. Entra Patrizia Rossetti: “Anch’io ce l’ho qui spento, volevo fare un selfie con te”. A questo punto Diaco s’infuria: “Siamo a casa mia e trovo maleducatissimo entrare in trasmissione con il cellulare. Qui la regola è non portare il cellulare in studio”. Il cinguettio si spegne e cala un silenzio agghiacciante…Questi è Pierluigi Diaco che, dalla rubrica sul quotidiano Il Foglio negli anni Duemila, di strada ne ha fatta. Godetevi la signorile intervista del nostro Marco Lomonaco (Redazione).

Pierluigi Diaco, 42 anni, giornalista, autore e conduttore radiotelevisivo di successo, si racconta a OFF…

Pierluigi, vuoi fare un primo bilancio di “Io e Te” e del tuo ritorno su Raiuno?

Sono molto contento, soprattutto del clima che si respira dietro le quinte del programma tra produzione e redazione. E’ bello lavorare in una trasmissione che ha dietro un impegno quotidiano, pur non essendo “costruita” in senso stretto. Mi spiego: quello che succede in onda non è preparato, infatti io, Valeria Graci e Sandra Milo non incontriamo nemmeno gli ospiti prima della diretta, non prepariamo argomenti, facciamo tutto in maniera spontanea. La televisione deve essere sincera e leale secondo me e stiamo provando a fare questo. Mi porto dietro questo stile di conduzione dalla radio, dove negli anni ho avuto la possibilità di confrontarmi molto con l’andare a braccio durante ore e ore di diretta consecutive…

Che posto occupa la radio nella tua vita professionale?

Un posto speciale. Faccio radio da 27 anni: dapprima a Radio Rai, poi per un anno a Radio24 e da 15 anni ormai sono di casa a RTL 102.5 dove ho trovato la mia famiglia radiofonica. Per me RTL è come la Roma per Totti, non la tradirò mai!

Sei un giornalista, ma anche scrittore, autore e conduttore radiotelevisivo. Hai fatto tante cose diverse e di successo nella tua carriera, ma da dove hai cominciato?

Sono partito da un microfono che avevo in cantina, un Neumann. Mio padre e i suoi fratelli fondarono una delle prime radio libere a Roma. Quando mio papà morì, questa radio venne venduta ma rimasero nella cantina di casa i microfoni e le apparecchiature per trasmettere. A 12 anni già passavo i pomeriggi a far finta di fare la radio e da lì è partita la mia passione per questo media. Poi, quando ero al liceo, Cecchetto – che aveva appena fondato Radio Capital – ascoltò un mio programma e mi chiese di andare a trovarlo a Milano. Nel frattempo ricevetti anche una chiamata da Gigi Marziali – famoso conduttore di Suepersonic e dirigente di Radio Rai – che mi propose di andare a condurre la fascia pomeridiana su Radio2. Il mio primo programma su Radio2 si chiamava La Cantina, dopodiché riportai in radio Chiamate Roma 3131. Poi conobbi Giuliano Ferrara e iniziai a scrivere sul Foglio e a lavorare a Telemontecarlo nel tg diretto da Sandro Curzi.

Che consiglio dai ai giovani che vorrebbero fare il tuo lavoro?

Dico loro di essere sfrontati, di chiarirsi le idee, di seguire l’istinto e di non cercare raccomandazioni. Bisogna produrre idee e bussare con umiltà alle porte per proporle. Nella vita professionale le idee sono tutto.

Siamo nel periodo del Gay Pride, tu cosa ne pensi di questa manifestazione?

Rispetto chi vi partecipa ma credo che la rivoluzione culturale cui dovremo andare incontro sia quella della normalità. Credo si sia esaurito il tempo dell’esibizionismo e che si debba piuttosto conquistare il diritto alla privacy. Non c’è nulla di più normale di una storia d’amore tra due persone che si amano. Ritengo che gli italiani siano molto più liberi intellettualmente di quanto si possa pensare e credo che su questi argomenti non concentrino più la loro attenzione perché l’omosessualità, ormai, viene vissuta come una cosa normale.

Hai preso le difese del Congresso delle famiglie dicendo che anche in quel caso si era “apparecchiata l’informazione”. Cosa volevi dire?

Intendevo dire che questo è un paese dove ancora c’è una costante guerra tra “guelfi e ghibellini”. Io per predisposizione culturale sono abituato a capire sempre le ragioni degli altri, soprattutto di chi la pensa diversamente da me. Io lavoro per la “pace” e credo che tutti dovremmo farlo. Quando dico “pace”, intendo la capacità di metterci in ascolto dell’altro: un valore fondamentale per me. Nel caso del Congresso delle famiglie questo non è accaduto, non c’è stato ascolto

Che opinione hai dei social?

Non mi fanno impazzire, mi ritengo più analogico che digitale in questo senso. Ho sempre pensato che debbano essere i media tradizionale a dare contenuto ai social media e non il contrario. Purtroppo vedo che invece i media tradizionali ricalcano i social dandogli un’importanza che francamente, dal mio punto di vista, non meritano.

L’incontro che ha cambiato la tua vita…

Sicuramente quello con Alessio (Orsingher, ndr). Grazie a lui ho conosciuto il significato pieno della parola amore e ho scoperto la mia parte più intima che ho sempre governato a tal punto da non esibirla mai. Grazie a lui il mio stato d’animo è cambiato e ho trovato un equilibrio che da tanti anni cercavo.

Ci racconti un episodio OFF della tua carriera?

Vi racconto la telefonata più surreale che io abbia mai ricevuto. Enzo Biagi mi chiamò al telefono perché aveva letto sul settimanale “A” un’intervista che avevo rilasciato a Candida Morvillo. Rimase colpito dall’intervista e mi chiese se potesse andarmi di rilasciarne una anche a lui nel suo programma televisivo su Raitre “Rotocalco televisivo”. Emozionato e stupito per la chiamata acconsentii, e presi il treno per Milano dove ero certo che l’intervista si sarebbe svolta in uno studio televisivo. Invece mi ritrovai a casa di Enzo Biagi – che non stava bene in quel periodo –  e, dopo aver mangiato una minestrina con la figlia e la moglie, registrammo quest’intervista all’interno di una stanza della sua abitazione. Ancora oggi, conservo un tenero ricordo di quel pomeriggio a casa di un maestro come Biagi.