Hotel Monroe, “notturni” rock in chiave pop sinfonica

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Hotel Monroe, "notturni" rock in chiave pop sinfonica

Non sono certo dei novellini, gli Hotel Monroe. Prima di pubblicare il loro album d’esordio hanno saputo maturare con calma attraverso centinaia di concerti in tutta Italia, facendosi le ossa suonando cover per poi iniziare a comporre musica propria, mettersi alla prova con un EP (“Alchemica”) dato alle stampe tre anni fa, accumulare ulteriore esperienza sui palchi della penisola e attendere di imbattersi nel produttore giusto che li accompagnasse verso un ulteriore salto di maturità.

Un percorso lungo che è culminato con l’incontro con Roberto Drovandi, bassista degli Stadio, che ha guidato il quintetto parmense nelle registrazioni di Corpi Fragili: un disco estremamente compatto ma al tempo stesso sfaccettato composto da sette tracce (otto nell’edizione su cd) in cui si mischiano rock inquieto, pop dagli echi sinfonici, elettronica da ballare e forti richiami alla new-wave e agli anni ’80 in genere.

L’apertura dell’album è affidata a “L’ultima cosa che”, un brano rock ombroso, diretto e moderno, inquieto tanto nell’approccio musicale quanto nell’introspezione del testo, arricchito dalla collaborazione con il rapper Dank.

Con “Nuovi mondi” si vira verso il pop ballabile, pur mantenendo contenuti spigolosi che lanciano uno sguardo critico sulla società contemporanea e atmosfere oscure, fra echi dell’electro-pop anni ’90 e richiami alla new-wave del decennio precedente, prima che un’elegante apertura pianistica introduca “Ho visto l’amore cambiare colore”, ballata sentimentale sontuosa ed enfatica, a tratti quasi sanremese, che valorizza le doti canore del vocalist Roberto Mori.

Rebecca” porta la band verso un pop giocoso, tagliente e narrativo che si accoppia benissimo con la travolgente cover di “Rockin rollin” di Scialpi inserita quasi come una dichiarazione d’amore del gruppo parmense verso gli anni ’80 oltre che come omaggio verso un loro concittadino.

White fox” appare come un romanzo distopico in chiave electro-pop che esalta l’animo più cupo e inquieto della band, mentre la title track chiude il disco venandosi di una psichedelia notturna dagli echi pinkfloydiani che porta il gruppo in territori affascinanti. A tutto questo, nell’edizione fisica, si aggiunge la bonus track “Under the ash”, colonna sonora del film “Sotto la cenere” di Lorenzo Bresolin.

Un lavoro senza dubbio lontano dagli stereotipi del pop italiano più estivo e spensierato in voga in questi ultimi anni. Un disco ombroso e sofisticato, capace di caricarsi di enfasi e di atmosfere notturne ma anche di sprigionare energia e ritmiche da ballare. Un album in cui le radici rock della band si sposano perfettamente con un uso ben misurato dell’elettronica, citando con grande naturalezza gli anni ’80 e ’90 ma anche strizzando l’occhio ai ’70 e miscelando tutto in modo personale, presentandoci una quintetto dalle radici solide con un’identità molto precisa che gli consente di vestirsi di diverse sfumature senza mai perdere compattezza.