Il 29 aprile cade il quarantaquattresimo anniversario della morte di Sergio Ramelli, militante del Fronte della Gioventù milanese assassinato a diciannove anni da un gruppo di attivisti della sinistra extraparlamentare legati ad Avanguardia operaia. Ramelli fu aggredito il 13 marzo 1975, in via Paladini, a Milano, e morì dopo 48 giorni di agonia. A quaranta anni di distanza la sua fine, spietata e straniante, è l’emblema di una stagione di ferocia ideologica, i cui postumi si risentono tutt’ora. Oggi, si preannuncia una giornata di grande tensione per la celebrazione dell’anniversario della morte di Ramelli ed Enrico Pedenovia, per via dei cortei interdetti dalla Prefettura di Milano.
Quante cose ti racconterei, se ti avessi di fronte a me, caro Sergio. Pensa che te ne sei andato giusto un anno prima che io arrivassi, eppure la tua presenza è stata tra le poche, pochissime, capaci di dare un senso al mio percorso di ragazzo che passo dopo passo si è fatto uomo e padre. Tutto cominciò un giorno come tanti, quando mi capitò tra le mani il libro che racconta la tua storia, che non definisco triste perché ad essere tristi sono le esistenze di quelle anime fatte di aria viziata che ti hanno rubato il futuro in nome di un’ideologia sepolta dal passato.
No, la tua è storia di semplicità e coraggio, quella di un ragazzo apparentemente come tanti che ha difeso come pochi la scelta di non omologarsi al pensiero unico non nascondendo il proprio, pur nella consapevolezza che rifiutando il comodo rifugio dell’ignavia avrebbe esposto se stesso alle gelide intemperie di un clima in cui soffiava forte, il vento dell’odio.
Tu facevi loro paura, caro Sergio, perché avevi un volto troppo pulito, modi troppo gentili e financo capelli troppo lunghi per poterti permettere il lusso di stare dalla parte di quelli che loro consideravano alla stregua del nemico da abbattere. Loro ti odiavano perché non hanno potuto amarti, caro Sergio, accecati com’erano dall’esigenza morbosa di affermare e dimostrare la loro presunta superiorità, hanno visto in te e nella tua scelta una sorta di affronto antropologico. Meglio morto che “fascista”, devono aver pensato, in quelle loro menti atrofizzate dal continuo fluttuare nella bile.
Trovai più risposte nello sguardo umido e affettuoso di tua Mamma che non in mille e mille parole spesso e volentieri di circostanza, e mettendo piede nella tua stanza compresi, forse per la prima volta in vita mia, che la presenza di una persona non è necessariamente sinonimo di corpo, ma essenzialmente di spirito.
Un giorno racconterò a mia figlia che molte delle mie azioni le ho compiute seguendo il tuo esempio, e che alcune delle mie relazioni più importanti sono nate e cresciute all’ombra del tuo nome. Le parlerò di un giovane ragazzo con un coraggio da leone, la cui storia non reclama compassione o pietà, ma che va raccontata e tramandata perché sa di libertà.
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Io non riesco a comprendere questo Umberto che , dinanzi a chi ricorda e piange un proprio eroe, si intromette facendo belle dissertazioni sull’uso o l’abuso della parola eroe. Certo eroe lui non lo è. Ebbene sì diciamolo forte che Sergio era un eroe in quanto in una scuola interamente comunista per convizione o codardia aveva il coraggio(non di leggere un giornale di destra in una sede comunista, come dice questo Umberto; ma dove l’ha sentita questa fesseria?) di dichiarare le proprie idee. La sua condanna a morte fu decretata(sì decretata) dalla cellula dei Katanghesi(universitari figli di papà la cui attività consisteva nello spaccare la testa agli avversari politici con la chiave inglese n°45) solo perchè aveva “osato” affiggere un manifesto del Fronte della Gioventù ed aveva definito, in un tema, terroristi i brigatisti rossi. Se le cose non le sà oppure non le vuol sapere, come io sono più propenso a pensare, non intervenga e rispetti il dolore. Dolore sopratutto della famiglia che nei mesi successivi ricevette telefonate minacciose e subì la lacerazione di vedere scritte sotto casa che inneggiavano a 10,100,1000 Ramelli. In proposito vorrei far sapere a questo Umberto ed a chi non lo sà che, poco tempo dopo, il padre di Sergio se ne andò per il dolore. Ciao Sergio, fulgido esempio di purezza e coraggio.
Signor Velcich lei non ha assolutamente capito il tono della mia lettera. Non ponevo un problema di politica o di vita politica negli anni di piombo (io ero all’Università a Padova e poi a Bologna negli anni ’70 essendo nato nel 1947) ma semplicemente dell’uso insensato che si fa di una parola che, per motivi misteriosi, è anche nel vocabolario italiano : EROE. Di tutto il resto (che ho ben conosciuto) non mi permetto di discettare qui essendo questa pagina dedicata ad un assassinato per motivi politici e non alla storia della politica. Insomma di destra o di sinistra tra i morti di quegli anni non vedo alcuno che abbia fatto tali gesta da essere considerato un EROE.
“Eroe” per i morti ammazzati di destra o di sinistra per mano di rivali politici mi sembra un termine assurdo. Eroe è una persona, superiore alle altre ,che compie un’eccezionale atto di coraggio a fin di bene sapendo di rischiare la propria vita ed a volta perdendola . Gli altri,tutti gli altri morti per motivi politici,sono solo vittime della bestialità umana. E basta.
Essere dichiaratamente di destra in quegli anni,soprattutto a Milano,ma anche a Roma,Torino,ecc.comportava davvero grossi rischi per la propria incolumità fisica;lo so con certezza perchè essendo coetaneo di Sergio Ramelli,ma risiedendo però a Roma,so di cosa si parla;era rischioso persino anche il solo sfogliare in pubblico giornali considerati di destra,come”Il Tempo”;figurarsi “Il Secolo d’Italia”considerato fascista senza se e senza ma;per quell’epoca chi voleva essere politicamente controcorrente,quindi fuori dall’ordinario,perciò coraggioso e forse anche un pò temerario,merita-dal mio punto di vista-di essere chiamato eroe,specialmente se si è trucidati solo per la propria opinione politica.
E’chiaro che l’eroe omerico,mitologico,assume un altro aspetto,ma qui parliamo di persone vere,non invenzioni letterarie,e quindi secondo me,eroi autentici,da ricordare per sempre.
Sfogliare giornali di destra in un covo di comunisti o di sinistra in un covo di fascisti non mi sembra un atto eroico. Non voglio definirlo con il nome che mi verrebbe spontaneo perchè parliamo di un ragazzo morto giovanissimo ma,per lo meno ,mi sembra un atto di incoscienza tipica dell’età. Poteva finire con qualche pugno,è finita invece come sappiamo. Non credo proprio che in quell’atto vi fosse la sfida alla morte al fine di far di sè un simbolo che avrebbe liberato dal comunismo l’Italia ! Insomma la parola eroe in una nazione che di eroi ne ha sempre avuti pochini e di vigliacchi tantissimi va usata dopo aver ponderato tutti i fatti. Un po’ come quando si fa santo qualcuno. Non basta morire martire gridando lode a Dio. Mi dispiace caro Enrico ma non sono in accordo con te sull’uso di quella parola. Ad un comunista che tirava un estintore hanno dedicato una sala al Senato della Repubblica. I suoi hanno detto che era un eroe . Poveretti i pochi (pochissimi ) eroi veri che ha avuto l’Italia. Ciao.
Ma che c….o dici ? “Sfogliare giornali di destra in un covo di comunisti o di sinistra in un covo di fascisti non mi sembra un atto eroico.”… e quale sarebbe stato il covo di comunisti ? L’Italia intera ?
Uno dei miei migliori amici era Stefano Recchioni, barbamente assassinato da un vile capitano dei Carabinieri (mai punito) a sangue freddo, Acca Larentia 7 Gennaio 1978. Subito dopo che Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta erano stati crivellati di colpi da altri vili delinquenti rossi. Mai puniti manco questi.
Ma anche a Venezia dove vivevo io non era diverso, io per tre anni sono stato attenzionato dalla Digos per le minacce ricevute dai sx. di Mestre, e per alcune settimane, dopo un attentato, abbiamo vissuto all’ombra delle bombe (per la posizione di mio padre), io lo accompagnavo, portavo via l’auto e tornavo a prenderlo (su suggerimento della Digos).
Ma di che parli ? Ogni giorno si usciva di casa, si andava a scuola, si praticavano le attività tipiche di quell’età, e semplicemente si rivendicava la libertà di non essere omologati ai pecoroni rossi. Ed ogni sera, era una sera in più… rientrare a casa non era così scontato, non per tutti.
Quella libertà costava cara.
Seguiti, spiati, fotografati, ed esposti nelle bacheche di ogni scuola occupata.
Per questo, non si deve dimenticare.
Sergio.
Presente !
Noi abbiamo dimenticato la violenza e siamo cresciuti sulle spoglie di tanti errori commessi per l’ideologia nella quale, almeno io continuo a credere e rispettare, cosa che certi loschi sinistri non hanno imparato a superare convinti ancora di essere snob 68ini di primo pelo.
La storia si evolve, basta con le pagliacciate che continuate a fare in nome di una sinistra che ha fallito in tutto il mondo.
Sergio un eroe pulito, sono vicina ai tuoi genitori.
A Sergio Ramelli,che se fosse vivo avrebbe la mia stessa età,va il mio più forte e caloroso saluto.
Semplicemente un eroe.
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