Quel “Primo Re”, quando il mito parla alla contemporaneità

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Una leggenda che non è molto lontana da noi. La forza di un patto silenzioso tra due fratelli che, nella loro solitudine, sfidano il volere degli Dei.

Il Primo Re è il film diretto da Matteo Rovere,  prodotto da Groenlandia e Rai Cinema, nelle sale dal 31 gennaio con gli attori Alessio Lapice e Alessandro Borghi nei ruoli di Romolo e Remo, dal cui sangue nascerà la città di Roma. Una pellicola molto fisica in cui viene ricostruito per intero un mondo  primordiale con dialoghi dal linguaggio primitivo sottotitolati per il pubblico.

E’ soprattutto la storia d’amore tra due fratelli. Si parte da lì. Due esseri umani connessi da un amore profondo, due persone simili che cercano di sopravvivere e vengono travolti da un evento che li porterà ad essere diversi, anche nell’accettazione del proprio destino. In questo ritrovo delle tematiche estremamente attuali. Io stesso combatto ogni giorno con il destino. Ad un certo punto Remo decide che deve essere lui il suo Dio. Entra poi in gioco il concetto di comunità. Chi decide di far parte della comunità è colui che trionfa, mentre l’individualista fallisce“, spiega Borghi, che aggiunge: “mi piace molto l’idea di raccontare una storia d’amore a tutti gli effetti in cui questi due esseri umani è come se fossero legati da un elastico per tutto l’arco della narrazione che arriva ad una fine. E la fine della storia è l’immolarsi da parte di Remo che è caduto in tentazione e, quindi, è il più debole tra i due“.

L’Aniene e le riserve naturali immerse nella bellezza incontaminata dei luoghi, fino al Circeo, fanno da scenografia alla riproduzione dei villaggi tribali ricostruiti con un lavoro basato su studi archeologici. Mentre attraverso la sceneggiatura il regista indaga sul mito quale racconto e ricordo rielaborato dai grandi pensatori del passato come Livio, Plutarco e Ovidio, e arrivato fino ai nostri giorni.

“Questo racconto apparentemente semplice ci ha ricondotto ad un dilemma primario, viscerale: cosa prediligere nella vita, la sopravvivenza del nostro gemello, ovvero della parte più intima di noi, o la sottomissione ad un potere più grande perché non tutto ci è dato di sapere? Le nostre vite ci appartengono fino in fondo? Abbiamo iniziato a far rimbalzare gli elementi l’uno sull’altro perché la storia interrogasse il mito e il mito tornasse a svelarci la sua potenza primordiale, parlasse all’oggi”, sottolinea Matteo Rovere. Remo si ribella al suo Dio rifiutando di sacrificare il fratello che, secondo la vestale, solo in questo caso lo avrebbe protetto nell’ascesa verso il potere. Romolo, invece, ruberà il fuoco e con un cambio di prospettiva che poi è la scelta registica voluta da Rovere, sacrifica l’amore fraterno e, con la morte di Remo, sarà lui Il Primo Re del più grande impero della storia.