Emanuele Franz, il filosofo che ci parla degli déi in endecasillabi

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Maria Colli, figlia del celebre e compianto Giorgio Colli, studioso di Nietzsche e pioniere, con Mazzino Montinari, nell’introduzione del pensiero di Nietzsche in Itala negli anni Settanta in piena egemonia marxista grazie alle edizioni Adelphi, scrive su Ereticamente di un altro filosofo forse nato postumo anche lui: Emanuele Franz, di cui già vi abbiamo parlato. (Redazione)

Il Mito e la Poesia sono così congiunti e così intimamente connessi che in epoca classica era pressoché impossibile narrare delle vicende divine se non attraverso i versi poetici. […]

Il parlare agli Dei fu sempre, in un modo o nell’altro, un parlare in poesia, innanzitutto poiché, contrariamente a come si crede, o avviene oggi, la poesia era metrica, ovvero sia regola, forma, in qualche modo “limitazione” e in questo senso creazione […]

Questo recondito legame fra gli Dei e la metrica, intesa come regola e limitazione creativa, è stato tanto profondo che man mano che si è perso l’uso della metrica, del canone poetico, della regola compositiva, si è gradualmente perso anche il riferimento agli Dei, tanto sovente negli antichi, tanto inesistente fra i contemporanei. Via via nella storia fino all’ottocento abbiamo avuto supremi esempi di poesia agli Dei […]

Illustre esempio di omaggio poetico agli Dei fu anche Gabriele D’Annunzio con i suoi ubertosi richiami al Mito Greco e alla grecità in generale. Le Laudi del Cielo, del Mare, della Terra e degli Eroi, ad esempio, sono le raccolte poetiche della maturità di D’Annunzio e furono progettate in seguito al viaggio in Grecia del poeta e sono sigillate dai nomi eterni del Mito come Maia, Elettra, Alcione e Merope.

La domanda che ci si vuole porre sorge spontanea: c’è ancora qualcuno oggi nella poesia contemporanea che parla in versi agli Dei? Ebbene, nel panorama ameno della poetica odierna, in cui una persona su tre scrive delle “poesie”, colpisce per il suo anacronismo un poema di ben 2401 endecasillabi pubblicato nel 2013. Il risveglio di Gregorio è un opera dello scrittore friulano Emanuele Franz […]

Comporre un poema in endecasillabi nel mondo contemporaneo è indubbiamente un segno di grande amore per il passato, per la Poiesis nel suo senso più alto […]

Di imminente uscita […] è la sua nuova raccolta Sine Cera, che completa quella che, a ragione, può essere definita la sua trilogia poetica. Sono quasi cento le poesie della silloge, liriche contraddistinte dagli elementi della solitudine e dell’incomunicabilità, temi che rappresentano, nella visione dell’autore, la condizione umana nella sua universalità […]

Senza un’idea mitica di poesia, sembra che questo genere letterario sia oggi quasi impensabile, a questo mi fa pensare la figura di Emanuele Franz. Franz parla agli Dei in endecasillabi. Nel Novecento i poeti hanno lottato contro ingombranti eredità scrivendo per obbedire a un’idea o per celebrare il proprio fallimento sociale e la propria misantropia. “Essere moderni” ha significato azzerare la tradizione, reinventare le tecniche compositive, avventurarsi in zone inesplorate dell’immaginazione. Ma la tradizione secolare del poeta come sapiente è arrivata a noi dalla classicità greco-latina. Nell’idea di lirica moderna erano contenute una volontà e una coscienza di discontinuità rispetto agli autori classici e a tutto il passato.

Citando Franz: “Fra l’io e l’altro, lui e lo stesso, c’è un bambino che gioca con Dio. Figlio di un ombra di cipresso”(Sine Cera, pagina 12) che subito ci riporta a un frammento di Eraclito: “La vita è un fanciullo che gioca, che sposta i pezzi sulla scacchiera: reggimento di un fanciullo” [A1 8] SG III a cura di G. Colli, Adelphi ed.

Grazie Emanuele Franz!

Maria Colli