Tra Essere e Divenire, l’Eterno Ritorno nelle opere di Umberto Ciceri

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umberto ciceri

Non possono che essere guardate di nuovo le opere di Umberto Ciceri, anzi esse inducono lo spettatore a una sorta di coazione a ri-guardare, una costrizione dello sguardo che si manifesta nel movimento laterale del corpo, da destra a sinistra e viceversa, una visione che non ha mai fine e si rinnova miracolosamente ogni volta che vi stiamo di fronte e cerchiamo di comprendere in una sola veduta cioè che non può essere ridotto ad unicum. Certo, questa “induzione” è tipica della Op Art e della Arte Cinetica fin dagli anni Cinquanta del Novecento, con modalità diverse a secondo dei casi se l’opera è essa stessa in movimento, oppure se si mette in moto al passaggio dell’osservatore sfruttando le debolezze della vista e gli assestamenti che gli occhi sono costretti a fare di fronte a piani disassati, falsi allineamenti e prospettive. A differenza però dell’Arte programmata in cui storicamente – nella temperie ideologiche delle seconde avanguardie – si manifestava la volontà di un grado-zero culturale, cioè nessuna possibilità di interpretazione simbolica, ma solo l’utilizzo di segni univoci (luci, linee, scomposizioni, sequenze…), i lavori lenticolari di Ciceri si caricano di un bagaglio concettuale fin algido e in grado di raffreddare la temperatura del lirismo tipico della sua poetica così da diminuire la tensione estetizzante che, da un lato, si esalta nella parte astratta ma che, dall’altro, rischierebbe di compromettere il risultato contemporaneo nelle parti figurative. E invece proprio il sotto-testo narrativo funziona da pesante chiglia, in grado di abbassare il baricentro dell’opera, così che la fluttuante flatness della superficie trovi ancoraggio nell’imo, dietro i vetri e le lenti.

Le immagini in movimento dell’arbitro di boxe che conta un knock-out, o della piroutte di una ballerina di danza classica, sono l’esca emotiva di un ragionamento lungo millenni che sta alla base della filosofia e della nostra civiltà: c’è l’Essere e c’è il Divenire, c’è l’Eternità e c’è il Tempo, forse la solidità dell’essere è solo apparenza, o, al contrario, è mera apparenza il divenire, tutto scorre, oppure tutto è stasi. Nella ripetizione all’infinito dello stesso breve movimento, l’arbitro che non conterà mai più di tre, la ballerina che avrà lo spazio sempre e solo di un mezzo giro, sembra di vedere la plastica messa in scena dell’eterno ritorno, così come lo pensa Nietzsche definendolo “il fardello più pesante”. “Se ogni secondo della nostra vita si ripete un numero infinito di volte – lo spiega infatti Milan Kundera – siamo inchiodati all’eternità come Gesù Cristo alla croce. E’ un’idea terribile. Nel mondo dell’eterno ritorno, su ogni gesto grava il pensiero di un’insostenibile responsabilità”. Dunque la pesantezza del “es muss sein”, del così “deve essere”, che immagina Beethoven nell’ultimo movimento del suo ultimo quartetto, è una sorta di imperativo categorico alla base del nostro destino, per cui anche se potessimo ripetere all’infinito la nostra vita, essa tornerebbe allo stesso modo con gli stessi errori; sarebbe dunque irredimibile. Ma c’è anche il lato della leggerezza, espressa dal movimento che sta compiendo la più grande ballerina di tutti i tempi, Majja Michajlovna Plisetskaja, colta per sempre in quella posa, costretta in pochi fotogrammi a ripetere per l’eternità il proprio gesto, di una perfezione formale indescrivibile, perché, lo scrive bene Eliot, “soltanto per mezzo della forma della trama, possono parole e musica raggiungere la quiete, come un vaso cinese ancora perpetuamente si muove nella sua quiete”. Appunto, la figura che danza, grazie alla forma risulta immobile eppure in moto, e il supporto lenticolare non fa altro che esasperare questo dilemma.

La seconda parte del lavoro che viene presentato da Umberto Ciceri a Londra alla Senesi Contemporanea, riguarda invece la Dichiarazione universale dei diritti umani di cui, il 10 dicembre, ricorrono i settanta anni dalla proclamazione. Si tratta di un trittico (fights, rights, lights), di grande potenza evocativa e raffinata intensità poetica, composto da tre video (link) in cui vengono recitati i trenta articoli che sublimano icasticamente i diritti fondanti la nostra civiltà e che, nella loro versione laica e in una chiave universalista, dovrebbero o avrebbero dovuto nelle intenzioni e nelle speranze degli estensori, imperniare tutte le aggregazioni umane e le nazioni, qualsiasi fossero le ideologie politiche, i regimi, le religioni.

Come tutte le dichiarazioni di questo genere, al di là dei contenuti di alto valore morale e civile, la prosa risulta spesso enfatica e magniloquente, a metà tra il rigorismo formale del diritto e la scontata enumerazione, e per questo motivo, a maggior ragione, appare esaltante la forza mitopoietica di Ciceri che tende a ricreare la Carta e proporla sotto forma di arte. Nel primo atto, Ciceri assembla una serie di celebri ko del pugilato anni Cinquanta, soprattutto di Rocky Marciano, li vira in un giallo corrusco, mentre uno speaker urlando con la stessa foga dell’originale, segue l’incontro recitando il testo degli articoli, così che la concitazione del testo verbale in puro stile telecronaca coincida con le immagini delle fasi finali dell’incontro, e nel parossismo della recitazione non è più chiaro se sia il soccombente o l’assaltante il difensore dei diritti.

Nel secondo atto (link), la costruzione si fa più ardita e quasi commovente nella sua bellezza multisensoriale: il testo in tedesco della dichiarazione è stato trascritto in musica sulle cantate di Bach mantenendo il contrappunto, e viene recitato a quattro voci da soprano, contralto, tenore e basso, ripresi da una telecamera e poi sfocati fino al limite dell’ectoplasma.

Il terzo atto, infine, ripropone ancora la danza della Plisetskaia i cui movimenti sono sincronizzati coi battiti del cuore, che a loro volta traducono gli articoli della dichiarazione, fino a fondersi in un unico suono, armonia quasi celeste dell’universo.

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HUMAN Fights Rights Lights, di Umberto Ciceri
Private view: Tuesday 11 December 2018, 6.00 pm – 9pm
Mostra: 10 December – 31 January 2018 /19
Senesi Contemporanea
25 Dover Street – Mayfair- London

In mostra a Londra una video trilogia di Umberto Ciceri, dal titolo Human fights rights lights, dedicata alla Dichiarazione universale dei diritti umani, in cui vengono teatralizzati i 30 articoli che la compongono. Curatore della mostra: Angelo Crespi.

Umberto Ciceri è conosciuto per i suoi quadri lenticolari che si ispirano all’arte cinetica, ma l’opera più importante che si presenta oggi nella sua personale londinese da Senesi Contemporanea, è dedicata alla Dichiarazione universale dei diritti umani di cui ricorrono, sempre nella giornata odierna (10 dicembre) i settanta anni dalla firma.