Una carriera tra cinema, televisione e teatro. Paolo Ruffini ha saputo costruirsi negli anni una cifra personale. Ora è anche direttore artistico di una manifestazione giovane e dinamica che animerà l’estate della sua Toscana: il Follonica Summer Festival.
L’11 agosto si aprirà il sipario sulla seconda edizione del Follonica Summer Festival. Com’è nata questa manifestazione?
Mi piaceva l’idea di scardinare noiose convenzioni e organizzare una manifestazione poliedrica, sfaccettata e popolare. Ho trovato un sindaco lungimirante, giovane e, oserei dire, avanguardista. Quest’anno lo slogan sarà “sempre meglio”. Ci saranno spettacoli per tutti i gusti: dal musical all’elettronica, dal cabaret di alto livello all’intrattenimento per ragazzi. Detesto, da sempre, qualsiasi tipo di classificazione o etichetta. La programmazione comprenderà da Gianna Nannini al vincitore di Amici. E credo che Follonica abbia tutte le carte in regola per diventare un punto di riferimento per la costa toscana e non solo.
Il 21 agosto con Sono solo, con te porterà in scena un omaggio a Giorgio Gaber. Perché questa scelta?
Gaber è un artista contemporaneo, urgente, politico ma non partitico. Tutto quello che ha raccontato è ancora profondamente attuale. Ha saputo attraversare generi e arti. Lo spettacolo sarà una sorta di varietà musicale: mi accompagnerà al pianoforte Claudia Campolongo, e io interpreterò alcuni suoi brani nel solco del “teatro canzone”. Ci saranno anche dei miei monologhi rielaborati in quella che era la sua poetica e che cercherò umilmente di omaggiare. Sarà uno sguardo disincantato, armonioso, buffo e pungente sulla nostra realtà contemporanea.
Con Up & Down ha diviso il palco con attori disabili. Com’è nato questo progetto?
Qualche anno fa ho visto uno spettacolo con ragazzi disabili diretto da un mio amico, Lamberto Giannini. Per me il teatro è un posto dove succede qualcosa che resta impresso nella memoria. Questi ragazzi mi hanno insegnato a trasformare i limiti in occasione. Siamo in una società che vuole vederci tutti uguali, in realtà siamo meravigliosamente diversi ed è quello che ci accomuna davvero. Lavorare con persone down ti fa capire la bellezza di dire “sì, io non sono normale”.
Ci racconta di quando era un artista off?
Io sono orgogliosamente e continuamente un artista off. Mi piace la nomea del buffone, penso non ci sia complimento migliore. Una figura meravigliosa, erano coloro che facevano ridere il popolo. Sono contento di essere considerato così, perché posso solo stupire e non deludere.
Nella sua carriera è stato diretto da Carlo Vanzina, un regista tanto amato dal pubblico quanto bistrattato da una certa intellighenzia. Un ricordo?
Carlo per quarant’anni ha aiutato questo Paese a ridere meglio. I suoi film non erano ipocriti. Il dibattito sulle parolacce è durato anni. Per esempio, quando gli omosessuali, nei film, venivano appellati con epiteti “politicamente scorretti” non c’era più omofobia di ora. Quelle parole non venivano dette per offendere. Questo proibizionismo ipocrita ha portato una maggiore ghettizzazione.