Manuela Maffioli: “La cultura è ricchezza, acqua, nutrimento”

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Busto Arsizio è lo scenario di MINIARTEXTIL, mostra internazionale di Fiber Art. La rassegna internazionale MINIARTEXTIL, arte contemporanea e arte tessile, è nata a Como 27 anni fa e ogni anno gira l’Europa – fra le città, Parigi e Venezia, dove per alcuni anni è stata l’evento collaterale della Biennale d’Arte a Palazzo Mocenigo.

Busto Arsizio è già la “capitale” del tessile e il suo Museo del Tessile e della Tradizione Industriale non poteva non essere la sede per l’edizione di quest’anno, portando a compimento un progetto fortemente voluto da Manuela Maffioli, assessore alla cultura di Busto Arsizio, che quando vide per le prima volta MINIARTEXTIL a Como se ne innamorò e decise di portare una ventata di internazionalità nella sua città realizzando nel Museo del Tessile di Busto Arsizio e che racconta oggi uno dei più importanti segmenti dell’industria lombarda, la 27a edizione di MINIARTEXTIL, in un territorio dove il tessile rappresenta le radici, sia produttive che culturali.

Fino al 10 giugno (da martedì a domenica dalle ore 15 alle 19, il giovedì fino alle 21) saranno visibili al Museo dodici grandi installazioni e 54 “minitessili” di piccolo formato di artisti internazionali (in mostra fra gli altri El Anatsui, Leone d’Oro a La Biennale di Venezia 2015), selezionati da una giuria internazionale.

Ne parliamo con Manuela Maffioli, che  conosce la mostra dalle primissime edizioni, ne ha visto quasi tutte le tappe comasche, alcune  parigine e alcune veneziane: chi, meglio di lei, avrebbe potuto realizzare il progetto di portare MINIARTEXTIL al Museo del Tessile di Busto Arsizio?

Cara Manuela, mi sono incartato su una tua recente dichiarazione: “Vorrei che anche l’economia potesse rinascere attraverso la cultura“: ma non è l’economia che dovrebbe investire nella cultura?

Certo, ma sottolineiamo una cosa: la cultura non è un vuoto a perdere ed è la ragione per cui può diventare il volano di sviluppo anche a Busto Arsizio, laddove si decidesse che i capitali privati cominciassero a considerare l’industria culturale…un’industria, appunto. L’Italia è una miniera d’oro dal punto di vista culturale, la Lombardia è la prima regione per indotto da industria culturale, quindi il sistema economico che investe in cultura non fa beneficenza  e ha un rientro economico.

In fase di allestimento della mostra avete seguito un percorso espositivo particolare? Come è stata la selezione degli artisti?

La mostra arriva da Como e ha compiuto un viaggio internaziomale. È alla 27a edizione, la prima a Busto Arsizio: dopo Venezia e Parigi, questa è la tappa che mancava, nel senso che una mostra di Fiber Art, nel Museo del Tessile, “arriva a casa”. La selezione delle opere è stata fatta a monte da una giuria scelta dagli organizzatori della rassegna, l’associazione comasca Arte&Arte. La mostra ha avuto qui, al Museo del Tessile, la collocazione migliore, con le due sale gemelle minimaliste dalle pareti bianche che terminano con due spazi  profondi e sollevati, come due altari. È stata una scelta condivisa in funzione della tipologia dello spazio, per far vivere al meglio ciascuna delle opere.   

E la risposta del pubblico?

Sorprendente ed entusiasmante: abbiamo anche scoperto che alcuni visitatori sono tornati una seconda volta. Io stessa mi emoziono ogni volta che la vedo.

C’è stato un sostegno da parte del mondo produttivo?

Sì, la mostra senza sponsor, sia tecnici che economici, non esisterebbe. Sono anche riuscita a stipulare una sinergia con Ferrovie Nord Milano, per cui ogni weekend è possibile usufruire di un biglietto speciale a prezzo calmierato andata/ritorna da tutta la Lombardia a Busto Arsizio. In questo modo concorro alla policy per promuovere la mobilità sostenibile.

Qual è stato il tuo primo provvedimento da assessore alla Cultura? E quali gli obiettivi?

Un’azione: la prima edizione degli Stati Generali della Cultura. A due mesi dalla mia nomina, un giovedì mattina – era il 21 dicembre!-  ho chiamato a raccolta 44 associazioni culturali e da lì ho condiviso sia i principi  che il metodo su cui avremmo basato la nostra azione comune: fare rete con le altre amministrazioni e far partire i cosiddetti tavoli tematici – musica, teatro, arte, identità. Alla penuria di risorse economiche per il settore cultura si può supplire con la forza “delle teste”, cioè le risorse umane.

E se fossi ministro della cultura cosa faresti per portare il settore dall’ultimo posto al primo?

La formula è la stessa, ma su scala nazionale. L’industria culturale è l’industria da cui ripartire: dobbiamo portare i nostri gioielli al loro splendore e metterli finalmente in vetrina, portando l’indotto economico a tutto il Paese.

Una tua considerazione finale sullo stato dei beni culturali in Italia: sappiamo chi dominasse il campo “prima”. E ora?

Non ne faccio una questione di appartenenza, ma di menti illuminate, di teste: vanno privilegiate le competenze. La cultura non ha confini ed è un grande privilegio potersene occupare a prescindere dagli orientamenti. E’ una questione di sensibilità personale. Trattare i nostri tesori come tali è un atto di amore per il nostro Paese: lo dobbiamo innanzitutto a noi stessi. Se lo facciamo con intelligenza, sapremo far fruttare questo tesoro e ne avremo un ricavo non solo etico, ma anche economico. La cultura è ricchezza, acqua, nutrimento e sviluppo.

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