Davvero strana la storia di Alessandra Nicita. Nonostante abbia una professionale alle spalle come psicologa e psicoterapeuta, la ragazza salentina ma bolognese d’adozione continua la sua carriera artistica con una velocità e naturalezza invidiabile, scegliendo progetti forti e non poco sensibili.
A quasi un anno di distanza dall’uscita del suo ultimo album Canzoni di nascosto, la poliedrica artista prenderà parte al film Credo in un solo padre, del regista Luca Guardabascio, contro la violenza sulle donne; le riprese inizieranno a metà maggio. Tratto da una storia realmente accaduta, il film trae ispirazione dal libro Senza far rumore di Ferruccio Tuozzo. Alessandra Nicita, sempre attenta a temi sociali importanti e di attualità, reciterà con un cast di attori internazionali come Clayton Norcross e Flavio Bucci. Durante le presentazioni del progetto programmate in Italia, la cantautrice aprirà i concerti di Francesco Baccini, autore della colonna sonora del film.
Come si passa dal ruolo di psicoterapeuta a quello di cantante, fino a recitare in un importante set cinematografico?
Non è poi così diverso come si potrebbe credere, scrivere una canzone o scavare nell’anima. E’ stata la mia passione a non farmi mai smettere di suonare e scrivere canzoni, anche se inizialmente lo facevo solo per me; poi è arrivato un momento in cui ho pensato che forse avrei dovuto condividere ciò che sentivo. E via via sono nati nuovi testi e nuove melodie, sono sorte dentro di me nuove idee, ho sentito nel cuore una musica che suonava domande, una straripante voglia di esistere e di raccontare la vita e le cose che vedo e che sento, e anche quelle che vedono e possono sentire gli altri. La vita, che è sempre bizzarra, mi ha portata, senza accorgermene, a vedere realizzato il mio primo disco. Da qui al set, ci sono arrivata per la magia degli incontri, mai causali ma necessari, affinché possa compiersi il destino di ognuno. Di questi fanno parte l’incontro col regista Luca Guardabascio, che ringrazio per l’opportunità che mi ha offerto: la sceneggiatura del film, tratto dal libro Senza far rumore dello scrittore Ferruccio Tuozzo, è piena di poesia e dramma ed è una storia vera.
Nel suo ultimo album, come in questo film, si ritrova esplicitamente una denuncia verso qualcosa o qualcuno. Perché immergersi in questi progetti emotivamente forti?
Non so se la parola denuncia è quella che sceglierei per definire il mio album o qualche mia canzone, ma di sicuro è quella giusta per affrontare alcuni temi delicati come la violenza o il femminicidio. Io nel mio piccolo voglio contribuire ad essere anche la voce di chi è più debole, e se l’arte può fare qualcosa perché qualcosa cambi, io sono dalla sua parte.
È abituata a scavare nella mente delle persone. Quanti tipi di amore conoscere l’essere umano?
Per essere in risonanza con gli altri occorre prima interrogare se stessi profondamente e autenticamente. In questo ascolto della propria anima si fa evidente il fatto che l’amore, come la vita, si muove come vuole e che non c’è un amore più giusto di un altro, a patto che non ferisca o uccida. Allora, non si parla più di amore.
Cantare e recitare sono un’arte nobile, ma anche molto difficili da far emergere in questo momento dove tutti vogliono apparire. Lei un lavoro ce l’ha, perché la scelta di andare oltre?
È la mia natura. Cerco nuove strade perché mi diverto, perché stare ferma in un punto può diventare sterile, perché sono curiosa, affamata di vita che voglio conoscere, di testi che vorrei scrivere; cerco nuove strade perché temo che una vita non mi basti e perché tutto quello che voglio raccontare voglio che passi attraverso il suono della mia chitarra. Anche il mio lavoro di psicoterapeuta è un continuo stimolo all’immaginazione e creatività: vivo anche del dono delle storie degli altri.
Femminicidio e violenza sulle donne sono temi a Lei molto cari. Quanto ancora dovremmo denunciare queste barbarie, che sarebbe normale non esistessero?
Lo chieda a quelli che dicono di non essere maschilisti e poi trattano le donne come oggetti, lo chieda a chi scambia la gelosia feroce per una forma d’amore, a chi commette molto di peggio giustificando le proprie azioni come necessarie, frutto solo di una mente patologica. Lo chieda a chi non vede che solo una trasformazione culturale del rapporto tra sessi è l’unico modo per debellare questo fenomeno. Io dal canto mio vorrei solo che la parola femminicidio non fosse mai esistita.