Un totale e in certo qual modo speranzoso abbandono al sentimento più potente, autentico e atroce che l’uomo sia in grado di provare: l’Amore, inteso nella sua accezione più ampia, sia quello rivolto alle donne amate, sia quello per il Creato, considerato nella sua interezza, visto con gli occhi della poesia, attenti al piccolo che rende grande il tutto. Questo quanto deve aspettarsi il lettore da La caduta, silloge di Francesco Aprile, edito da GalassiaArte.
Nello scandagliare i moti dell’anima percorsa dal folle sentimento, il poeta si sofferma vigile sulle cose intorno, regalandoci immagini che ci rimandano alla perfezione il suono della “caduta” come un autentico vitale “inciampare dentro”, perché di questo si tratta, così: il vetro non fa/ rumore nei bidoni / giù in cortile, / il solito cane che // abbaia non mi/ pare granché in forma. Poi si immagina nello stesso componimento, oltremodo interessante per i suoni che la lettura produce, piovere fuori e dentro: In questa sera / di pioggia a Milano / anche il letto / sembra tutto bagnato / fino a rivelarci ex abrupto nel finale: ma là fuori ci / sono venti gradi da /più di tre giorni / ed è tutto asciutto.
Francesco Aprile è sorprendente, i componimenti di questo suo libro letteralmente stupiscono, non di rado, con cambi repentini di prospettiva e umore. Ci sono salti, cadute, improvvise felicità e disperazioni ed è forte la sensazione, per usare una chiara immagine figurata, di stare sulle montagne russe; la bellezza di queste poesie risiede anche in una pura imprevedibilità.
La giornalista Anna Vallerugo, che firma l’introduzione al libro, sottolinea come: “Con foga primitiva, a dissezionare rabbia e estasi della “caduta”, quel “cadere” innamorati che ben si mantiene in altre lingue (tomber amoureux, falling in love), restituisce intatta ineluttabilità e potenza quasi divina, terribilmente umana, della passione amorosa”.
Una passione che sgorga ininterrotta e arriva a burlarsi financo del dolore, come solo un vero poeta può fare: I Tarocchi dicono / che – sicuro! – tornerai. / Poco importa se ho / tolto dal mazzo quelle / carte che sarebbero / di sicuro uscite / solo per farmi male.