Estate 2017, grande caldo e tante manifestazioni ed eventi annullati.
Il grande aumento delle incombenze legate alle norme di sicurezza, che ricadono in gran parte sugli organizzatori, i costi e le difficoltà organizzative sono lievitati sino a rendere vuote, silenti e tristi quelle piazze e quegli spazi solitamente piene e festose.
Roma, in questo scenario, non ha fatto eccezione. Eppure, fortunatamente, alcuni eventi storici si sono tenuti nonostante tutte le vecchie e nuove difficoltà.
Alcuni per convinzione, un po’ per scommessa, un po’ per tigna e un po’ per non rendere le piazze capitoline più vuote e più deprimenti di quanto la cronaca già non ci mostri. E poi c’è chi resiste per “Voglia di Riscatto”. Questo il sottotitolo scelto dall’associazione Trousse per l’edizione 2017 del Casale Caletto Festival realizzato con il contributo di Roma Capitale e della Regione Lazio. Giunto alla sesta edizione in un mondo artistico sempre più in crisi, si tratta di un piccolo miracolo capace di portare ancora la sua commistione tra cultura e sociale ad un pubblico numeroso e partecipe.
Casale Caletto è un quartiere dell’estrema periferia romana, quella più dura e abbandonata: Roma est. La terra dei fuochi romana. Il quartiere è secondo per Indice di Disagio Sociale della città, lontano da tutto e da tutti. Sicuramente dai piani di recupero e spesso dalle attenzioni delle istituzioni.
L’omonimo comitato di quartiere, in collaborazione con l’associazione “Casale Caletto”, da anni si è fatto carico di organizzare il banco alimentare – vengono distribuiti circa 1000 pasti al mese -, l’assistenza sociale, la raccolta di vestiti e giocattoli per i più poveri. Ed è in questo contesto che si svolge il Festival. Nato come momento di festa e svago alla fine delle attività sociali che l’associazione Trousse – in collaborazione con la Cooperativa Sociale “Spazio Nostro” e all’associazione AICEM – svolge nel Centro Culturale “Casale Caletto” durante l’anno si è trasformato, nel corso delle edizioni, nell’evento più atteso e autentico della periferia romana. Forti di una credibilità costruita con il lavoro costante e vincente – che addirittura ha portato al riconoscimento ufficiale di “Buona pratica culturale e per l’inclusione sociale” da parte della Regione Lazio – quest’anno non si sono tirati indietro “per noi e per chi – ogni anno – ci aspetta con ansia”.
La chiusura della sesta edizione del Casale Caletto Festival è avvenuta con un brindisi, un applauso e un po’ di emozione insieme all’inaugurazione dell’opera di street art dell’artista Kristina Milakovic: 20 metri di colori e natura. “Semplicemente bellezza e colore dove c’era grigio e degrado”. Perché l’idea di cultura e sociale che è alla base del festival non poteva non realizzare un’opera da godere e fruire ben oltre la chiusura della rassegna.
“L’idea di lasciare qualcosa di duraturo era centrale nel nostro progetto. Kristina poi ha realizzato un’opera floreale sia come simbolo di bellezza e vitalità sia per fare da contrasto al degrado che purtroppo si vede per le strade e nei giardini. Diciamo per un progetto artistico e sociale.”
l giornale Off ha incontrato il direttore artistico del festival di casale caletto, Emanuele Merlino, che ormai giunto alla sesta edizione, si conferma pioniere della cultura in periferia.
Emanuele, il festival di casale caletto ha orgogliosamente concluso la sua sesta edizione. Ci racconti in cosa è consistito quest’anno il programma?
Intanto la dicitura esatta è “Direttore artistico volontario” perché qui al Casale Caletto Festival tutti i compensi sono per gli artisti, i tecnici, da quest’anno anche la sicurezza, e le attività sociali collaterali. Anche Giorgio Granito, vera anima e motore del festival, lavora davvero solo a rimborso.
Posso dire che è stata un’edizione davvero molto ben riuscita. Lo dicono le presenze: siamo andati praticamente sold out quasi tutte le sere e tutte le attività sono state seguite da un pubblico nutrito.
Sulla nostra pagina Facebook del festival e sul canale YouTube un po’ alla volta verranno caricati tutti i video. Serate davvero ricche di talento, emozione, arte e partecipazione.
Qualche serata da ricordare?
Tre in particolare: lo spettacolo su Gabriella Ferri “Ti regalo gli occhi miei” di e con Vanessa Cremaschi e Adamo Dionisi – guardatevi il video! -; la proiezione del pluripremiato “Il più grande sogno” di M. Vannucci. Ambientato proprio a Casale Caletto e interpretato da Mirko Frezza, nel film e nella realtà presidente del comitato di quartiere. Spettatori anche in piedi.
Infine lo spettacolo di magia con Bob Noceti, Remo Pannain e Simone Angelini. Non solo per la qualità altissima delle loro illusioni ma anche e soprattutto per l’impegno e la sensibilità dimostrata nel portare le proprie straordinarie capacità dai principali palchi italiani e stranieri al piccolo, solo come dimensioni, palco del Casale Caletto Festival. Spettacoli conclusi con applausi a scena aperta.
Mi piace ricordare anche due attività collaterali: con l’associazione Radici nel Mondo abbiamo portato il nostro pubblico a scoprire Tor Cervara e il Parco dell’Aniene in due visite guidate gratuite. Scoprire la bellezza dietro i palazzi delle nostre periferie ha un significato ben più grande che quello del semplice svago.
Il nostro festival ha un’attenzione particolare verso il Bene Comune e il rispetto dell’ambiente che ci circonda. Per questa abbiamo collaborato con il POMOS – Polo della Mobilità Sostenibile dell’Università di Roma “La Sapienza” -. Il responsabile scientifico del Polo, l’ingegnere Fabio Massimo Frattale Mascioli, ci ha portato la botticella elettrica che, un po’ alla volta, permetterà di togliere i cavalli dalla strada.
Una macchina all’avanguardia e ad impatto zero.
Girerà per il centro di Roma ma ci sembrava giusto portarla in periferia.
Quanto è difficile portare la cultura in realtà sociali difficili come quella di casale caletto? Qual è la vostra esperienza e quali sono le risposte della comunità?
Certamente è molto complicato. La difficoltà maggiore è guadagnarsi la fiducia delle persone e riuscire a proporre delle attività che siano attrattive ma anche fedeli all’identità del Festival. Dopo sei edizioni possiamo dire di essere riusciti a portare svago, impegno e qualche, o forse qualcuno in più, cambiamento positivo al quartiere e alla zona. Non è poco. Per quanto possibile cerchiamo di dimostrare che non tutto viene abbandonato e che, lavorando insieme, si può costruire qualcosa di grande.
Un impegno riconosciuto non solo a Casale Caletto
Il momento più bello e, permettimi, eccezionale di questa edizione è stata la presenza di tutti, o quasi, i comitati di quartiere di Roma Est.
Circa 30 tra comitati e associazioni di cittadini hanno partecipato ad un incontro dal grandissimo valore simbolico – per la prima volta l’Estate Romana ha ospitato così tanti rappresentanti di esempi virtuosi di cittadinanza attiva – ma anche pratico.
L’anno prossimo il festival sarà organizzato in maniera ancora più stretta con le persone di tutta Roma Est. Una zona davvero dimenticata e bistrattata avrà almeno un palco dove mostrare che la “voglia di riscatto” esiste e va solo accompagnata.
Penso sia il momento più alto che la Trousse abbia raggiunto in quarant’anni di attività. Perché “voglia di riscatto” – il sottotitolo che abbiamo scelto – non è solo una bella frase. È il nostro modo di lavorare e vivere.
Per la seconda estate di seguito, Roma ha dovuto rinunciare a grossi eventi culturali a causa di problemi burocratici. Cosa vi ha spinto a insistere? Esiste un rischio economico?
A tutti i problemi soliti – che si chiamano burocrazia e lentezza amministrativa. Anche quest’anno l’ultima riunione autorizzata si è svolta il giorno prima d’iniziare – si è aggiunta l’ordinanza sicurezza che ha reso delirante il nostro lavoro e quello degli uffici comunali. Purtroppo essendo stata emanata agli inizi di giugno è stata di difficile risoluzione per noi operatori e per la politica. Infatti davvero tante manifestazioni in tutta Italia hanno rinunciato a realizzare eventi. Dal punto di vista economico stiamo tirando le somme in questi giorni. La partenza in grandissimo ritardo e gli adempimenti sicurezza ci hanno messo in grande difficoltà.
Comunque sia, l’idea di portare la cultura e il sociale dove nessun altro arriva, corrisponde al nostro modo di essere quindi per questa volta va bene così. Anche perché vedere le famiglie scendere dalle case popolari un’ora prima per prendersi i posti migliori e poi abbracciarci quando tornavano a casa vale davvero tanto.
Anche se dimostra come ci siano zone di Roma così abbandonate che i servizi basilari, compresi quelli culturali, sono visti come un’utopia.
A questo proposito un ringraziamento particolare voglio farlo al presidente della Cooperativa Sociale “Spazio Nostro” che da sempre opera sul territorio e, con passione, generosità e coraggio, aiuta il festival dalla prima edizione fornendo la sicurezza e aiutandoci a risolvere tutte le incombenze logistiche.
Mauro Antonini dimostra come ci siano nel terzo settore persone e realtà che riescono, per quanto possibile, a sopperire alle difficoltà, se non alle mancanze, dell’istituzione.
Onestamente è stato commovente conoscere, grazie a lui, la Divento Grande Onlus che si occupa di bambini con problemi d’autismo. Conoscere per costruire una collaborazione che non poteva che essere siglata sul palco
Gli operatori culturali sono stati tutti molto critici con la giunta capitolina. Pensi che sia un intoppo iniziale o la cultura a Roma rischia davvero di scomparire?
L’assessore alla cultura Luca Bergamo ha finalmente recepito una richiesta che portiamo avanti da anni: realizzare un bando triennale che possa permettere, ai vincitori come noi, una programmazione, almeno per il secondo e terzo anno, adeguata.
Poter partire con largo anticipo ci permetterà di realizzare un evento migliore, più ricco di ospiti e più lungo. Però è necessaria una collaborazione più stretta con gli uffici, maggiore chiarezza nei documenti da presentare e soprattutto un ragionamento condiviso per quello che riguarda la sicurezza.
Purtroppo, e i fatti di questi giorni ce lo confermano, è sempre più necessaria un’attenzione particolare al tema, ma le associazioni non possono affrontare tutte le incombenze da sole senza rischiare di rendere gli eventi economicamente insostenibili. E annullare gli spettacoli vuol dire arrendersi al terrorismo.
Noi, come tanti altri che lavorano nel settore, abbiamo davvero tanto da portare e condividere con la cittadinanza e l’amministrazione. Ad ottobre chiederemo un incontro con l’assessore per discutere le problematiche e le possibili soluzioni perché il lavoro che fanno le realtà del terzo settore per questa città non può andare perduto e, per funzionare, ha bisogno di un dialogo costante con l’amministrazione.
Le periferie romane hanno bisogno di impegno, stimoli, presidi e attività socioculturali per affrontare le enormi difficoltà dei nostri tempi e lo straordinario lavoro delle Biblioteche di Roma non basta.
Nel nostro piccolo grande lavoro l’abbiamo scoperto e dimostrato che anche fra i palazzi grigi e degradati, anche nello slalom tra le buche delle strade, anche se lontani da tutto, compresi i servizi essenziali, anche se nel veleno dei roghi tossici esiste una forza e una rabbia che può essere creatrice e motore di una rinascita per la nostra città. Noi la chiamiamo “Voglia di Riscatto”, è il nome di quest’edizione del Casale Caletto Festival ed è, per noi, un proclama e un modo di vivere.
Anticipazioni sull’edizione dell’anno prossimo?
In realtà ci stiamo già lavorando ma è presto per annunciare nomi. Sicuramente tornerà la magia, ci saranno altre proiezioni di film ambientati nella periferia romana e, per la parte musicale, mi piacerebbe alzare i decibel delle casse con un po’ di rock.
Visto che, dato il contesto “estremo”, più OFF di noi non c’è nessuno, stiamo immaginando almeno un paio di serate “IN”, vi lascio con la curiosità di capirne il significato. Infine, siccome l’anno prossimo si celebrano i cento anni dalla vittoria nella prima guerra mondiale, sicuramente un’iniziativa sarà dedicata all’eroismo e al sacrificio dei nostri soldati.
Nel frattempo, a inizio dicembre, verrà presentato il libro “Voglia di Riscatto – 5 anni di cultura e sociale in periferia” che sto preparando, per raccontare le attività, comprese le sei edizioni del festival, che svolgiamo a Casale Caletto. Non soltanto il solito meritevole libro inchiesta ma una serie di proposte per provare a risolvere, per quanto possibile, i problemi delle periferie.
Un libro ricco di contributi particolari e che, fra i vari patrocini, si fregia, per la presentazione, dell’Alto Patrocinio del Parlamento Europeo.