A Palazzo Cipolla, a Roma fino al 23 luglio 2017 c’è “Arman – 1954 – 2005”.
La mostra, promossa e realizzata dalla Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo in collaborazione con Marisa Del Re, la Arman Marital Trust, Corice Arman Trustee e col supporto tecnico di Civita è curata da Germano Celant e consiste in una ampia retrospettiva sull’opera dell’artista francese naturalizzato americano.
Sono circa settanta le opere esposte, che abbracciano l’arco temporale implicito nel titolo, ovvero praticamente tutta la carriera di Arman: dagli esordi e il passaggio dalla pittura alle prime opere scultoree, fino all’anno della sua morte. L’attenzione è posta in particolare a quella che, a partire dall’inizio degli anni sessanta, sarà la principale caratteristica del suo stile: ovvero, l’utilizzo di oggetti, spesso distrutti, per creare le sue opere.
Nella rappresentazione dell’artista questi oggetti assumono il ruolo di protagonisti, in una forma che soprattutto nell’accumulazione ha evidenti analogie con la pop-art americana – cui il nouveau realisme francese, corrente di cui Arman fu esponente, fa da contraltare – e che però deve molto alla visione di Duchamp per l’approccio decontestualizzante e il ricorso al ready made rettificato.