Sarri, 40 anni di Pop Art made in Nord

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L’avevamo visto lo scorso anno a Bologna Artefiera nello stand della galleria Robilant + Voena, con quella sua figurazione enigmatica fatta di inserti di anatomie meccaniche a metà strada fra l’immaginario dell’osceno di Georges Bataille e le suggestioni cyberpunk di J. C. Ballard e Philip Dick, il tutto in una prospettiva che in senso stretto possiamo annoverare nel Pop di derivazione inglese -quindi molto “criticism” e pochi riferimenti all’oggettistica mainstream.

Sergio Sarri, La doccia (The Shower), 1970, acrilici su tela, 120x140cm

Stiamo parlando di Sergio Sarri (Torino, 1938, vive e lavora a Calice Ligure), collocabile in quell’area della Pop Art del Nord Italia distinta e distante dalla sezione romana e che infatti espatria verso scenari come si è detto soprattutto inglesi.

Dopo Bologna lo ritroviamo oggi a Milano, sempre da Robilant + Voena, con l’antologica “Sergio Sarri. Opere 1967- 2017” a cura di Walter Guadagnini, trenta tele di medio e grande formato, dai tardi Sessanta a oggi,  per uno sguardo ragionato su una produzione d’arte che ci fa immergere in un universo intriso di riferimenti che spaziano dalle arti visive alla letteratura al cinema e che nel corso degli anni è rimasta fedele a se stessa riflettendo i cambiamenti progressivi della società: a Sarri non interessa né il mondo né l’uomo presi singolarmente, quanto piuttosto  la “condition humaine” di quella che per altre vieSergio Sarri, Studio per Belle de Jour (omaggio a Bunuel), 1985, acrilico su tela, 55x40cm nella Milano del boom economico Leonardo Sinisgalli aveva definito la “civiltà delle macchine” .

Poi pensi ai film di David Cronenberg“EXistenZ” e “Crash”, ma sai che Sergio Sarri ci è arrivato vent’anni prima: la natura s’è fatta cultura e il rapporto dell’uomo col mondo esterno ha preso la forma di una relazione con tutta una serie di etiche esistenziali che sono la conseguenza stessa dell’invenzione umana della tecnica e delle sue applicazioni (leggi: tecnologia). L’umano s’è fatto postumano, ma prima che si iniziasse a parlare di estetica cyberpunk -gli artisti han la vista lunga.

L’immaginario di Sarri è perturbante e per questo affascina, Luca Beatrice l’ha definito “un cane sciolto” e a ragione: sarebbe un’iperbole dire che in Italia è un caso unico? Ai visitatori della mostra milanese l’ardua sentenza, noi intanto vi diciamo che dovete andarci per due ragioni: per ri-scoprire (o scoprire tout court ) un artista “liminale” nel panorama italiano e per tenersi aggiornati su quel che ci siamo persi nel corso degli ultimi anni (vale per la nuova generazione critica, studenti del corso di laurea magistrale in “Arti, patrimoni e mercati” dello IULM accorrete numerosi).