Il viaggio è sempre stato una componente fondamentale della sua vita. L’ultimo, tra i più importanti, Giuliano Sangiorgi, leader dei Negramaro, lo ha fatto a Cuba, dove ha scritto la colonna sonora dell’ultimo film di Giovanni Veronesi, Non è un paese per giovani. Ed è proprio lì che è tornato a sentire vicino a sé suo padre che non c’è più.
Giuliano, cosa pensi abbia permesso ai Negramaro di riuscire a emergere?
Nonostante non avessimo una struttura su cui poggiarci, avevamo dalla nostra parte una notevole cultura universitaria. Quindici anni fa, inoltre, a Lecce come a Londra, c’era un grande interesse musicale da parte di noi artisti. Non formavano cover-band ma proponevamo la nostra musica originale e questo grazie ai locali che ce lo permettevano. Un grande traguardo raggiunto per noi uomini e donne del Sud, quello di suonare la musica che volevamo a casa nostra, al contrario del settentrione dove volevano sentire soltanto cover.
In passato, quando eri piccolo, hai mai pensato di voler fare altro?
Avevo solo un sogno: viaggiare per fare musica. Da quei viaggi, però, poi tornavo sempre. Perché mi piace tornare a casa, sempre. Oggi vivo a Roma, ma anche a Lecce. Lo studio di registrazione dei Negramaro, per esempio, si trova in una masseria del Salento. Sono sempre in giro ma poi ritorno in quei luoghi in cui mi è consentito tornare a sognare. Se guardo al passato, penso che le speranze che avevo da ragazzo non sono mai state disattese. Chissà, magari è stata la fortuna oppure la voglia di essere quello che sono oggi. Di difficoltà, invece, ne ho affrontate tante: quando ho cominciato io non c’erano i talent-show. E nessuno guardava con interesse alle realtà musicali salentine. Hanno cominciato a farlo soltanto dopo il successo dei Negramaro. Da quel momento, infatti, hanno cominciato a venir fuori altri artisti dal Salento e da tutti i talent.
Hai firmato la colonna sonora del nuovo film di Giovanni Veronesi, Non è un paese per giovani…
Ero in tour con il mio gruppo, i Negramaro, ed ero presissimo da quell’impegno. Quando Giovanni mi ospita in una sua trasmissione radiofonica, durante un break pubblicitario mi chiede se per caso volessi occuparmi della colonna sonora del suo nuovo film. Io, dopo averlo ringraziato per aver pensato a me, gli ho risposto che a causa degli impegni legati al tour ero costretto a rifiutare la sua proposta. Per tutta risposta lui, pur dicendomi che capiva la mia posizione, quando è tornato in diretta ha detto ai radioascoltatori: “Vi annuncio che Giuliano Sangiorgi si occuperà della colonna sonora del mio prossimo film”.
Sarai rimasto spiazzato…
Naturalmente. Alla fine, però, sono stato felice di aver accettato questo progetto, perché il film affronta importanti tematiche generazionali con la leggerezza tipica delle commedie. Sono molto fiero, in particolare, del brano portante della colonna sonora, “Lo sai da qui”, in cui c’è tanto di Cuba e di mio padre che non c’è più, a cui avevo già dedicato anche l’album “La rivoluzione sta arrivando”. È stato emozionante, per questo impegno legato al film, tornare per le strade della Cuba di oggi e percepire una nuova energia e magia. Ed è per questo che voglio ringraziare Giovanni Veronesi: perché ogni volta mi mette di fronte a una sfida che lui sa già che io saprò gestire, quando io, invece, non lo so ancora. Basti pensare che all’inizio avevo qualche dubbio…
Come mai?
Quando Giovanni mi ha detto che il film era ambientato a Cuba, io gli ho subito risposto che con le musiche caraibiche io non c’entravo nulla. Quel genere di musica, lo ammetto, non mi ha mai interessato. Poi, però, mi ha spiegato che gli interessava sapere come io sentivo il film dopo aver letto la sola sceneggiatura. Ed è nata la colonna sonora e in questo è stato determinante il mio amore per Cuba.
Cosa hai amato di Cuba?
Da Cuba mi sono portato dietro la grande dignità del suo popolo che tende a condividere con gli altri ogni cosa: è così che dovremmo fare anche noi italiani. Il fatto che una persona, nonostante la povertà, voglia condividere quel poco che ha, mi ha sconvolto. Cuba, in passato, è stata una meta onirica anche per mio padre, uomo di sinistra. Mentre giravo per le strade e lavoravo circondato dall’atmosfera tipica di quei posti, è come se mio padre fosse tornato a vivere. È a lui che ho dedicato “Lo sai da qui”. Mentre giravamo il videoclip lui c’era, io l’ho sentito. E spero di avergli fatto un regalo.
Il tuo sogno?
Sogno, per me, fa rima con riscatto. E il massimo è quando questo riscatto avviene attraverso la musica.
La musica cosa rappresenta per te?
Una fisiologia. Sono dannatamente bisognoso di essa. La musica è vita, la considero un sogno. Quando smetterò di provare questa sensazione, smetterò di fare musica.
Quando scrivi le tue canzoni?
Scrivere canzoni, per me, è una cosa quasi involontaria. Non programmo mai la composizione di un pezzo, al contrario può accadere in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento della giornata.
Anche di notte?
Di notte faccio anche altro(ride, ndr).