Una parte dell’interesse dell’artista Roberta Coni è rivolto al filone ritrattistico. Si tratta di una pittrice che, benché giovane, ha già nel suo curriculum una Biennale di Venezia, alla quale ha partecipato nel 2011 nel padiglione di Vittorio Sgarbi. Tante anche le personali, ospite della Galleria Triphè di Maria Laura Perilli, come della Galleria F. Russo di Roma o di quella di Bartoux, con sede a Parigi, Londra, New York e Singapore. È presente inoltre anche nella Galleria Ransom di Londra con la quale partecipa a fiere internazionali, quali quelle di Miami e New York.
Nei soggetti rappresentati, di diversa età ed etnia, ella indaga le figure attraverso una tecnica che sta tra l’iperrealismo e l’astratto. Essi sono dipinti in modo impeccabile dal punto di vista naturalistico, ma si inseriscono all’interno di particolari atmosfere che donano loro una particolare aria surreale ed espressionistica, dove la tinta cromatica sembra impossessarsi del protagonista del quadro, sfumandolo, per certi versi “sporcandolo”, estraendolo così dalla sua dimensione puramente realistica. Prendiamo per esempio la bellissima opera che prende il nome di Osas, in cui notiamo il volto di una donna nera ripreso in tre istanti diversi. Anche in questo caso ci troviamo di fronte a un soggetto iperrealistico inserito all’interno di uno sfondo astratto, qui un rosso acceso, passionale, drammatico, sanguigno, che cola e s’insinua sui volti ritratti. L’artista sembra così parlarci di un mondo composto sia da una componente visibile – dunque quella che l’uomo nomina “reale” e dunque concreta – e una invisibile, che però, a nostra insaputa o meno, condiziona la nostra esistenza. Sicuramente si tratta di un’invocazione al soggettivismo, ponendo l’accento sul fatto che una persona non si differenzia da un’altra soltanto per le sue caratteristiche apparenti, ma anche per la sua storia, la sua spiritualità, la sua interiorità, il suo universo astratto… componenti che influenzano la vita di ciascun individuo.
Da queste opere emerge anche l’attento studio della Coni, che si appropria in modo del tutto personale di un genere pittorico che ha radici antichissime. Guardandole in effetti non possono non venirci in mente i ritratti fiamminghi o quelli dei Maestri rinascimentali. Come non vederci un Vermeer o un Antonello da Messina? Certo, studio e accademia sono presenti, ma l’artista se ne appropria in un modo tale da creare soggetti che parlano alla nostra contemporaneità, in grado non soltanto di apparire belli esteticamente, ma carichi di energia viscerale e astratta ed è per queste ragioni che, se dovessimo trovare dei termini adeguati per definire Roberta Coni, parleremmo di figurativo astratto, perché queste due entità, spesso e volentieri in conflitto, grazie alla pittrice dialogano in modo assai proficuo.