Quei malati di calcio che non ti aspetti di Volfango De Biasi

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WITykE6R_400x400Da chi firma da tre anni un film di Natale – Un Natale stupefacenteil pluripremiato Natale col boss e il recentissimo Natale a Londra – non te lo aspetti. Eppure Volfango De Biasi, 45 anni (portati piuttosto bene), due splendide figlie e una lunga esperienza nel settore cinematografico – circa un film l’anno nell’ultima decade, da Come tu mi vuoi con Nicolas Vaporidis e Cristiana Capotondi a Iago, di nuovo Vaporidis con Laura Chiatti, sceneggiatore di Venti Sigarette (storia vera dello scrittore Aureliano Amadei coinvolto negli attentati di Nassiriya del 2003) e degli apprezzatissimi Colpi di Fulmine e Colpi di fortuna per Neri Parenti, oltre i succitati titoli di Natale, sorprende oggi con Crazy for Football, un progetto importante sui malati psichiatrici e sul calcio e su come la dimensione sportiva aiuti a superare il disagio. Il documentario, di 70 minuti – presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma 2016 – in sala dal 23 febbraio, non è una storia di matti, è soprattutto una storia di calcio, di “gioco di squadra”, raccontata in chiave pop e con la giusta leggerezza.

Abbiamo incontrato Volfango per sapere di più dei suoi progetti passati e futuri e di quest’ultimo lavoro.

Come hai deciso di fare il regista? Ci racconti un aneddoto dei tuoi inizi di carriera?

L’aneddoto classico dell’infanzia è la storia secondo cui pensavo di esser troppo alto per fare l’ attore… e così ho deciso di fare il regista. Un banale errore di valutazione che ha cambiato il corso degli eventi. Andavo a vedere i film tutte le sere in una sala d’essai del quartiere Prati, L’Azzurro Scipioni di Silvano Agosti, poi mi svegliavo tardi la mattina per andare a scuola.

Dai 18 anni in poi ho cercato ininterrottamente di fare film. Studiavo di notte e lavoravo di giorno…era un’epoca in cui godevi se il tuo corto veniva visto da Greenaway. Ho passato due anni a Los Angeles e due a Parigi. Amavo il noir, e il mio primo film doveva essere “L’onda del mare”, una sceneggiatura pesante, un noir politico impegnato scritto con Massimo Carlotto, e Ludovica Rampoldi.

Ma….???

Successe che il film di Fausto Brizzi, “Notte prima degli esami” fu un vero e proprio successo, così il mio produttore decise di puntare sulla commedia adolescenziale di “Come tu mi vuoi”, anziché sul noir impegnato.

E quindi hai abbracciato la commedia?

Vengo dal cinema di impegno, ho una vena satirica, che ho sempre avuto ma non pensavo di sfruttare… e invece è quella che è emersa. La politica, il noir, la commedia, sono sempre un modo per parlare della società.

E i documentari?aurelien-gaya-e-il-regista-volfango-de-biasi-sul-set-del-film-iago-103478

Sono al quarto, due usciti e due censurati. Il documentario mi piace molto come genere, mi piace scomparire dietro la macchina da presa per ascoltare le persone. Ha costi bassi, ma per avere successo devi trovare un tema che impatti, qualcosa che prenda la pancia. E poi il documentario ti lascia tanta libertà. “Matti per il calcio” e “Crazy for Football” hanno avuto una buona sorte; “Solo amore”, sulle coppie di fatto, le nuove forme di amore e “Hermanos de Italia”, sui brogli elettorali sono stati censurati, del resto raccontavano temi scomodi…

Dal noir alle commedie. Ti riconosci in quello che fai?

Le commedie le fai perché ti fanno guadagnare, ma io cerco di mettere sempre “gocce di contenuto”, anche in un film di Natale.

Come nasce Crazy for Football?

Tutto inizia nel 2004, con “Matti per il calcio”. Avevo girato per Santo Rullo una pubblicità progresso sul disagio psichico che era stata presentata ad un convegno di psichiatria. Lì ho sentito parlare di medici che volevano curare con il calcio. Era uscito da poco “Full Monty”, ho pensato che fosse l’occasione di farne uno all’italiana. Il film era lì. All’epoca eravamo del tutto improvvisati. Io e Francesco Trento lo abbiamo scritto insieme e io l’ho diretto… ma abbiamo girato senza soldi! Il risultato sono state due puntate da 50 minuti, mandate in onda nell’ambito del programma “Sfide”. Fu subito un grande successo, e in breve ha fatto il giro del mondo, per quanto tecnicamente davvero povero.  Viene visto anche in Giappone dove sono ancora aperti i manicomi. Una dottoressa giapponese viene in Italia a conoscere Santo Rullo per parlare con lui della calcioterapia. Nasce una relazione internazionale e indicono il mondiale.

E poi?

Il 31 dicembre del 2015 Santo Rullo mi chiama per parlarmi del progetto. Avevo a disposizione 50 giorni. Gli ho detto, facciamo il film. Così è stata costituita la nazionale, e abbiamo girato Crazy, grazie all’appoggio crazy-for-football-trailer-e-poster-del-documentario-di-wolfango-de-biasi-2dell’Istituto Luce, di Raicom e della Roma Lazio Film Commission e al patrocinio della Federazione Gioco Calcio. Il film non documenta una cosa, partecipa ad una cosa. Il making del film non è un puro osservare, ma un osservare che influenza il risultato dell’esperimento. Si tratta di un documentario che fa politica, in quanto il documentario stesso è politica.

Cosa ti aspetti?

Crazy esce in sala il 23, il 21 abbiamo saputo che è entrato nella cinquina dei David. Sinceramente vorrei vincere il David… magari anche il Nastro d’Argento. Vorrei un premio perché serve al documentario, o la sua vita è finita. Un premio ti serve per portare il progetto in porto, non è solo celebrativo della persona.

Cosa ti ha dato maggiore soddisfazione?

La cosa che mi piace di questo film è l’entusiasmo che porta con sé, la sua energia. E c’è una parte dell’Italia che è rimasta in silenzio, ma ha fatto delle cose (come quel negoziante che regala gli scarpini prima della partenza per il Giappone). E questo “essere insieme” è ciò che rende forti.