Pura, libera. La voce di Ivan Graziani, impossibile da dimenticare

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Aveva la voce di una bambina perversa, Ivan Graziani. Così, il grande cantautore aveva definito quel suo modo di cantare unico, indimenticabile, inimitabile. Sono vent’anni che Ivan è morto e nel corso di questi due decenni le grandi radio, i così detti mass media e il mondo della musica lo hanno messo da parte, accantonato. Alcuni dei suoi colleghi, di tanto in tanto, lo hanno ricantato; Ron, per un periodo, portò all’interno dei suoi concerti “Firenze”: “è un emozione grandissima– raccontava- quando la canto si alzano in piedi e accendono i lumini, e mi commuovo, mi scendono le lacrime”. Ma soprattutto, un popolo di appassionati lo ha continuato ad ascoltare e far conoscere mettendo su un sito web e organizzando il premio “Pigro”. Gli stessi appassionati che si continuano a fare centinaia di chilometri per raggiungere il cimitero di Novafeltria dove Ivan riposa. Anni fa, qualcuno aveva lasciato una foto di Ivan con disegnata un’aureola attorno alla testa, c’era scritto “un mito non muore mai”.

Graziani, cantautore, eppure la definizione più giusta di cosa sia stato Ivan l’ha data, in un suo libro (per Crac Edizioni), il giornalista Paolo Talanca: “Ivan Graziani. Il primo cantautore rock”. E, infatti, Ivan ha coniugato perfettamente rock e canzone d’autore. Tra l’altro, sul rock, aveva una sua particolarissima teoria. Pensava fosse nato in Abruzzo. Anzi, dagli abruzzesi emigrati negli Stati Uniti, che nel (poco) tempo libero si ritrovavano per cantare e ballare il saltarello. Ed era anche convinto che il 90 per cento dello spirito rock era fatto dal divertimento. Il restante dieci gli serviva per “cercare” di dire qualcosa (“con il rock si possono dire cose molto interessanti”). Sapeva bene che ballando si esorcizza la paura, lo aveva imparato sempre dai contadini abruzzesi, quando seguiva il padre, fotografo di matrimoni, per campagne e montagne, a immortalare cortei e feste nuziali. 10850790Ivan era un meticcio, un’anomalia discografica, un goliardo, un poeta, anarchico e autarchico” ha scritto Mario Bonanno (all’interno dell’agevole ed efficace “Ivan Graziani. Il chitarrista”, Bastogi editore), ricordando anche, è bene sottolinearlo, che in un tempo in cui aveva iniziato (siamo agli inizi dei Settanta) non c’erano molti in giro che sapevano suonare la chitarra come lui.

Ma era soprattutto un uomo libero. Basta, tra i tanti, un ricordo che la moglie ha voluto regalare durante la presentazione del triplo cd (tre dischi, 46 canzoni) “Rock e ballate per quattro stagioni”, uscito da pochi giorni: “Quando ero incinta di Filippo un importante giornale ci offrì un compenso importante per realizzare un servizio fotografico con Ivan appoggiato al mio pancione scoperto. Apriti cielo! Non ne volle nemmeno sentir parlare. Non aveva un carattere facile, era un lupo del Gran Sasso e al tempo stesso un’anima pura”.

2 Commenti

  1. Impossibile da dimenticare anche perchè ho avuto la fortuna di vedere il suo ultimo concerto, tre mesi prima che morisse, a Cavour (TO).

  2. Sono stupito e contento. E’ vero di Ivan Graziani dopo la sua morte si parlato poco e si è sentito quasi niente. Ho visto più di una decina dei suoi concerti ed ascoltato tutta la sua produzione. Artista straordinario. Spero si riesca a farlo conoscere alle nuove generazioni. Bravi.

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