Dall’inferno il coraggio della denuncia. Il dramma di Carlo Petrini

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Debutto nazionale per Giuseppe Manfridi autore, interprete e regista dell’atto sesto di Diecipartite , “Il gesto di Pedro” in scena dal 26 gennaio al 5 febbraio 2017 al Teatro dell’Angelo, progetto nato da un’idea di Daniele Lo Monaco, che ne cura anche l’organizzazione. “Dopo quattro anni torna Diecipartite con il suo nuovo Atto VI – afferma Giuseppe Manfridi –  dedicato all’odissea umana, spirituale e sportiva del calciatore Carlo Petrini, detto Pedro, scomparso nel 2012. Petrini è stato autore di vari libri tra cui “Nel fango del Dio pallone” (pubblicato nel 2000 dalle edizioni Kaos), una violenta rapsodia autobiografica capace di suscitare un vero e proprio terremoto nel mondo del calcio.

In una partita giocata il 14 dicembre del ’75, Petrini, che vestiva allora la maglia giallorossa, si rese protagonista di un gesto tanto semplice quanto sconcertante al punto da essere rimasto inciso nella memoria di tutti coloro che erano presenti quel giorno allo stadio. Dopo essersi divorato nei primi minuti di gioco una serie di gol già fatti, Pedro, mortificato, conquistò il centro del campo, e alzando la mano destra come in segno di resa chiese scusa a tutto lo stadio. Pochi minuti dopo segnò il gol della vittoria.

Questo ricordo, all’apparenza minimo – prosegue Manfridi –  è la chiave per addentrarsi nei chiaroscuri di una storia sconvolgente che, sia pure col ristoro di momenti segnati da grande leggerezza e divertimento, va al cuore di un sistema calcio feroce e cannibale”.

Senza fare sconti a nessuno, nel testo, nel pieno rispetto di quanto lo stesso Petrini ha voluto denunciare, vengono rivissuti e raccontati episodi che mettono a nudo la questione doping, col suo tragico elenco di vittime, e il giro del calcio scommesse che portò nell’80 a raffiche di arresti e di processi capaci di cambiare radicalmente la storia del calcio nel nostro Paese.

Dietro al clamore di questa articolata e plurime vicenda di malaffare collettivo si muove la peripezia tragica di un uomo perseguitato dai farmaci, dalle procure, dalle banche, dagli usurai, e soprattutto da se stesso.

Non diremo qui e adesso quale il punto estremo di questa vita spericolata oltre ogni limite. Di certo, la conversione morale e letteraria di Petrini, susseguente alla tragica morte di suo figlio diciannovenne, è un evento di tale portata esistenziale da suscitare domande di significato assoluto.

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Una vera redenzione, nel senso più forte del termine.

Da anni attorno alla figura di Pedro si è formato un importante movimento di opinione che vede in quest’uomo contraddittorio, travagliato ed estremo un punto di riferimento per chiunque intenda lottare in nome dello sport e dei suoi valori.

I diversi registri linguistici adottati dall’attore, solo in scena ma insieme alle voci di dentro del calciatore, al vociare del coro dei tifosi, oppure del figlio piccolo e poi morente e ancora la voce della sua paura, della passione, dell’esaltazione, della solitudine, del delirio e infine della sua coscienza, irrompono come un terremoto inaspettato e capace di cambiare tutto e per sempre. Ricordi, libri, musica e umanesimo, accompagnano lo spettatore in questa vicenda dai contorni tenui e accesi, come una lirica senza tempo, senza luogo, senza parole eppure eloquente e autentica, come questo spettacolo magnifico, che parla di un uomo che “in quell’istante totalmente suo, intuisce il proprio centro nel mistero che lo abita”.