Pittura e scultura, le due facce del sacro

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5 (2)Simboli che ci riconducono in modo immediato a una spiritualità ieratica, a stretto contatto con Dio. La definirei così l’Arte di Ennio Bencini – figlio di Natale, anch’egli pittore -, nato a Forlì nel 1942 e residente a Bellusco, nella provincia di Milano. Nella sua lunga carriera è stato insignito di importanti riconoscimenti e ha partecipato a numerose mostre e rassegne, tra le quali la Biennale di Venezia. Forlì e Milano non sono le uniche città emblematiche della sua vita, perché la sua formazione più significativa è avvenuta in Toscana, che ha potuto frequentare in gioventù.

Qui Bencini ha sempre affermato di percepire energie particolari che l’hanno aiutato a partorire le sue opere, dove spesso e volentieri si rintracciano concreti elementi provenienti dalla citata regione. In questi lavori di pittoscultura infatti è molto presente la pietra serena di Cortona, dove l’artista va spesso per rintracciare le sue origini; queste e altre materie donano alle opere un sapore mistico, primitivo, elevandole a significati profondi che fanno parte della sfera umana e ultraterrena. Si tratta di opere studiate in modo molto preciso sotto il profilo geometrico e simbolico e fin dal primo impatto ci conducono verso un Mondo Altro, il quale ci pone in diretto contatto con Dio. Anche i colori utilizzati, formati anche in questo caso grazie all’utilizzo di elementi naturali, come la sabbia, ci fanno innalzare dalla nostra dimensione quotidiana per portarci in un universo parallelo. Una cromia molto cara a Bencin4 (3)i è per esempio quella contraddistinta da un nero luccicante, che venne in mente all’Artista un giorno all’Isola d’Elba, quando vide “Una spiaggia di sabbia nera, piena di vita per i luccichii ch’emanava”, colore che allo stesso tempo mette insieme l’ombrosità della morte e la brillantezza della vita ed è proprio da qui che nasce la poetica del pittore, detta “Arte Tetrista”, dove, per dirla con lui “Dal buio nasce la luce, dalla morte nasce la vita. Il perché? Tutto nasce da un recondito pensiero legato alla terra e al cielo”.

È qui allora che troviamo, a esempio, il triangolo della Santa Trinità, oppure gli ovuli rappresentanti la vita, oppure, ancora, tagli scavati nel tessuto del dipinto, che ci rimandano direttamente alla sofferenza cristologica. In definitiva, potremmo dire che l’opera di Bencini tramite il simbolismo si eleva; è un simbolismo che nonostante apparentemente potrebbe sembrare complicato da comprendere, in realtà colpisce subito la nostra sfera emotiva, catapultandoci – consciamente o no – all’interno di dimensioni spirituali e primordiali, che attraverso pochi segni ci parlano della storia dell’uomo e di Dio.