Se gli Usa scoprono la Calabria, bella e stuprata

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E dopo quasi seicento anni dalla scoperta dell’America da parte di un italiano, gli americani scoprono l’Italia. O, meglio, la Calabria. Fra i 52 posti da visitare secondo il New York Times, infatti, spunta l’estrema regione meridionale dello Stivale. Quella bistrattata e costantemente offesa per la presenza della malavita e del malaffare, salvo, poi, entrare nei programmi di tutti i governi come giustificazione per ogni forma di finto investimento, fruttuoso solo per le tasche dei politici furbacchioni.

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Degrado in Calabria

Però, una gran bella soddisfazione per la gente che in questa regione vive, lavora, investe e crede. Gente comune ed imprenditori tenaci e coraggiosi, i quali, con poco, riescono ad ottenere grandi risultati. Non ultimi, i tanti progetti premiati e riconosciuti in tutto il mondo, nati da menti fervide di giovani calabresi, che si stanno affermando fra mille difficoltà. Si, una bella soddisfazione, l’invito a visitare le bellezze naturali, paesaggistiche, archeologiche ed artistiche di una regione che è un forziere stracolmo di tesori: la Sila e l’Aspromonte risultano essere, per la loro fauna e la ricchezza di vegetazione, fra le montagne più belle della Terra; gli oltre settecentocinquanta chilometri di costa fanno della Calabria la Penisola con la varietà “di mari” più ambita da ogni tipo di turista; i templi e i siti greci, ebraici, romani, calcidesi e fenici, oltre che il ricchissimo patrimonio medioevale e rinascimentale, non temono il confronto con alcun rivale. Insomma una bella Terra. Un bel presepe, ma con i pastori di plastica scadente e sbiadita. Con una classe politica costantemente inadatta e disattenta, che, spesso ignorante, sempre menefreghista, amministra una regione così complessa come fosse un banchetto del mercato. Perdendo ogni occasione di riscatto, di guadagno, di progresso. Di vita.

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A che serve far viaggiare qualche decina di migliaia di turisti americani, se poi, scesi dall’aereo (in quale aeroporto?), non trovano navette, treni, autobus, guide turistiche, servizi di informazione e ricezione?

A che serve ospitarli in poche strutture alberghiere, ancora libere da clandestini, in cui  la qualità dell’offerta non merita il numero delle stelle dichiarate sulle insegne?

A che serve promettere altissima qualità di prodotti enogastronomici se, poi, a servirli a tavola sono dei camerieri stagionali assunti più per amicizia che per efficienza?

E, attenzione, non è certo responsabilità degli imprenditori, piccoli e grandi, i quali lottano quotidianamente contro la sordità e la cecità delle istituzioni in mano, quasi sempre, ad incompetenti. E’ proprio il Palazzo il vero male della Calabria. Speriamo che gli americani non se ne accorgano.