È vulcanico, pieno di idee. Gabriele Maquignaz, nato ad Aosta nel 1972, è maestro di sci, consigliere regionale di Valtournenche e Presidente degli albergatori valdostani. Ma è anche pittore, scultore, maestro del ferro, dell’acciaio, del bronzo del legno. Inventore di performances e installazioni di grande originalità. Lavora quattordici ore al giorno, tra le cime innevate e il cielo azzurro. Ha all’attivo mostre in tutta Europa.
I suoi dipinti, dall’aspetto primitivo, ricordano l’Art brut, al di fuori dalle regole tradizionali e esenti in apparenza da ogni cultura artistica. Maquignaz inventa le sue figure, che nascono di getto. Grandi Cristi che piangono per il male del mondo o che aprono all’aldilà. Le installazioni sono opere di forte impatto, che riflettono le domande che l’autore si fa sull’esistenza, sulla vita, sulla morte, la materia e lo spirito. Il Codice Maquignaz, ad esempio, all’inizio lascia spiazzati, poi affascina. Si tratta di un trittico, formato da tre tele poste su tre rispettivi cavalletti., una delle quali scritta con una serie di comandamenti in cui Maquignaz esprime il suo modo di rendere “visibile l’invisibile, superare i confini di spazio e tempo, codificare la forma, ed altro sino ad arrivare ad una nuova dimensione”. Lui opera di fronte alle tre tele, tagliando e ricostruendo un volto di Cristo astratto e sofferto, con la partecipazione del pubblico. Dice: “Attraverso il mio taglio, meditato e codificato, rendo visibile l’invisibile. Il gesto porta ad un taglio rappresentante la morte attraverso la forma del teschio, che indica allo stesso tempo la fine della materia terrena e l’anima dell’uomo”. Il risultato sono trittici dai colori intensi e vivaci, con teschi, Cristi e corone di spine dal forte sapore mistico.
Altra operazione strabiliante e choccante è stata-e l’abbiamo vista in diretta nella chiesa di Gualdo Tadino- l’installazione di un grande volto di Cristo dipinto su una enorme tela di tre metri per sette posata su un massiccio supporto di cinque metri, opera di falegnami piemontesi e trasportato in Umbria. Nel silenzio dell’antica chiesa l’artista sale su una scala sino agli occhi del Cristo, facendo colare lacrime di sangue, fatto di vernice rossa. L’emozione si trasforma in brividi. Di fronte a quel Cristo e ai Cristi di Maquignaz vengono in mente i volti di Cristo trionfanti o dolenti, a volte con le lacrime, dipinti sulle grandi Croci medievali diffuse in Italia e in Europa dal XII al XIV secolo. Antichi Cristi dai volti astratti ed irreali come quelli di Maquignaz. Ecco le inconsce radici.