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Emanuele, Eman, Amen: il tuo nome ti piace.
Ho solo abbreviato Emanuele in Eman. Poi ho scoperto che nella Bibbia c’era un menestrello con lo stesso nome. E che c’è una cantante di musica cristiana che si chiama come me. In arabo, invece, Eman significa “Fede”.
E il tuo primo disco si chiama Amen. Che coincidenze.
Con la titletrack tentai Sanremo due anni fa, non andò.
Non lo trovi remissivo il “così sia”?
No, è affrontare la vita: “Come as you are, as a friend, as an old enemy”, come diceva Cobain. Sperando di non fare la stessa fine.
In “Amen” c’è un “padre” che potrebbe ucciderti se non dai il tuo meglio. “P” maiuscola o minuscola?
Libera interpretazione.
Quindi tuo padre ti voleva cantautore?
Ho mollato Ingegneria a metà perché rapito dalla musica. Secondo te come l’ha presa?
Ai talent ci sono molti cantautori.
Mi hanno proposto quest’anno di fare Amici e ho risposto che piuttosto tornavo a zappare.
Tutto pur di evitare Ingegneria, eh?
No, è che le scelte di puro marketing non mi appartengono.
Il “vizio” ti appartiene, ne canti spesso.
Sono profondamente convinto che i vizi servano a sentirsi meno soli. Li molli solo se vuoi essere triste.
Hai mai pensato di smettere? Non con i vizi, con la musica.
Sempre. Anche ora.
E questo non ti fa paura?
No. Non essere capito mi fa paura, faccio lavoro doppio per trovare la chiave che renda i miei pezzi fruibili.
Uno che ha “la chiave” è Rovazzi.
Rovazzi è come Pupo quando cantava Gelato al cioccolato. La follia, all’epoca, sarebbe stata spingere solo Pupo uccidendo Battisti. Uno scempio illogico. Ed è esattamente ciò che sta succedendo oggi.
Quindi i cantautori sono morti?
No, non sono morti: Fabi, Silvestri, De Gregori, sarebbe un sogno poter scrivere con loro! Il problema è che a capo della musica ci sono solo esperti di marketing. E lasciamo perdere l’indie italiano con quei testi senza senso.
Parli da ingegnere.
No, è che per molto tempo sono stato balbuziente: parlavo poco ma osservavo tanto e leggevo parecchio. Chi scrive ha il dono di trovarsi davanti al mare e vedere più in là, quindi, che lo faccia. Bene.
Scrivi mai da sbronzo?
No.
Scrivi sempre da sobrio?
No.
Canti: “É una vita che sono ubriaco più di voi”. Ci sfidi?
Sì.